Era agosto quando il Parlamento approvava la legge di delegazione europea che metteva al bando, in Italia, gli allevamenti di animali destinati alla sperimentazione scientifica, obbligando inoltre all’uso dell’anestesia per gli interventi dolorosi e impegnando il Governo a trovare dei metodi alternativi.
Era la fine di dicembre, invece, quando le immagini choc di una studentessa universitaria di Padova rilanciavano un messaggio di segno opposto: «Ho quattro malattie rarissime, se sono viva lo devo alla sperimentazione animale». Il dibattito è ancora infuocato, e ora che il governo ha riscritto il testo della legge lo scontro è più acceso che mai. A Milano i nomi di alcuni ricercatori che praticano la sperimentazione sono finiti su manifesti anonimi e su Facebook il caso della studentessa malata ha scatenato anche reazioni scomposte, con insulti e minacce. Ora la Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente fondata dalla deputata Michela Vittoria Brambilla ha scelto la camera dei Deputati come sede del convegno «La ricerca scientifica senza animali per il nostro diritto alla salute», in programma per oggi dalle 10. Lo fa al termine di due anni intensissimi, iniziati con la battaglia condotta dal fronte animalista per chiudere Green Hill, l’allevamento del Bresciano che sfornava cani beagle destinati alla vivisezione.

Milano, 13 gennaio 2013 - «La vivisezione è un abominio. E noi chiediamo al Governo di rispettare la volontà del Parlamento e dei cittadini. Non cerchi di cambiare la legge di delegazione europea per la protezione degli animali destinati a scopi scientifici. Il Parlamento l’ha approvata il 3 agosto». Michela Vittoria Brambilla, deputata di Forza Italia, è la fondatrice della Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente.

Onorevole Brambilla, tra il fronte animalista e i ricercatori il dibattito si è inasprito. Che cosa sta succedendo?
«Succede che stanno cercando di cambiare il testo approvato dal Parlamento. Non piace alla lobby che con la sperimentazione animale fa soldi».

Cosa prevede?
«Parla dell’obbligo di anestesia per gli esperimenti dolorosi. E vieta di realizzare altre Green Hill in Italia: nessuno potrà più allevare cani, gatti o primati destinati alla sperimentazione. E parlo anche dello stop agli esperimenti bellici, agli xenotrapianti, alle ricerche sulle sostanze di abuso con gli animali. Parlo anche del divieto di test didattici con gli animali, ad eccezione dell’alta formazione veterinaria: a un insegnante non sarà più concesso di sezionare una rana davanti ai suoi studenti. E parlo della promozione di metodi alternativi».

E il governo?
«Ha ribaltato dieci delle dodici condizioni fissate, ora rinviando al 2017 l’entrata in vigore di alcune parti del provvedimento, ora destinando l’84% delle risorse a chi pratica la vivisezione, ora introducendo sanzioni amministrative e non penali. Così com’è il decreto è incostituzionale. Non lo accetteremo».

Anche dopo l’appello della studentessa di Padova che dice di essere viva solo grazie alla sperimentazione?
«Assoluto rispetto per chi soffre, sia chiaro. Pensiamo però che andare avanti con la sperimentazione animale ci condannerebbe a stare nelle retrovie del progresso scientifico. Il 92% dei farmaci che hanno dato risultati sugli animali non va bene quando si passa alla sperimentazione sull’uomo».

Perché continuano a praticarla, allora?
«Perché produce risultati manipolabili all’infinito. E diventa dunque un grande affare per le multinazionali e le lobby. Ma l’Italia è matura per dire no: è contrario alla vivisezione l’86% dei cittadini, sostiene l’Eurispes».

Ragioni etiche o scientifiche?
«La prima ragione per dire no è scientifica, sicuramente: la vivisezione è pericolosa perché il modello umano e quello animale sono diversi. E dal punto di vista morale non possiamo rimanere indifferenti davanti ai 12 milioni di animali che ogni anno vengono torturati e sacrificati nei laboratori europei. Novecentomila solo in Italia».

Meglio sacrificare un animale o una bimba malata?
«È la solita mistificazione usata da decenni dalla lobby dei ricercatori. Oggi si può e si deve salvare il topo e salvare la bambina».

Come?
«Con gli esperimenti su colture di tessuti umani coltivati in vitro. Con l’imaging. Con la robotica. Tecniche che nei laboratori più avanzati degli Usa vengono già utilizzate. Il mondo è cambiato: ciò che aveva senso nel ’700 e nell’800 oggi può essere superato».

piero.fachin@ilgiorno.net