Milano, 12 gennaio 2014 - Un mese di rodaggio. Sei mesi di esperimenti pilota che hanno riguardato Varese, Lecco, Bergamo e Monza. Una rivoluzione sul servizio pubblico di emergenza che da dicembre ha interessato Milano e che ha registrato più di un problema. (Dalla primavera sarà anche a Brescia, Cremona e Mantova)

Il nuovo servizio di Numero unico europeo, per intenderci il nuovo 112, funziona male. Ed a farlo inceppare è il software, vecchio e non aggiornato, della polizia. Papale, papale. «Guai, però, a dare addosso al nuovo sistema - avverte il direttore generale Areu Alberto Zoli - per il nuovo 112 posso usare solo superlativi. Va benissimo se non ci fossero problemi tecnici che riguardano unicamente la polizia.»
Ecco, la polizia. Colpa di un mancato upgrade del programma che costa tempo prezioso e allunga i tempi di intervento. Ci sono casi di pattuglie arrivate con 40 minuti sul luogo dell’incidente, o Volanti che si presentano quando ormai il danno è fatto.

Assolta invece l’Arma, il cui programma è rimasto, anche lui “nei secoli fedele”. Promosso anche quello dei vigili del fuoco, e, ovviamente anche quello del «vecchio» 118, cioè il sistema delle ambulanze. Anche se da qualche parte arrivano «rimproveri» imbarazzanti (vedi il caso di Colico). Rispetto al recente passato, il Numero unico 112 dovrebbe essere più rapido e più economico, non solo in termini di tempi.

Al centralino milanese (60 civili nel call center provvisoriamente sistemato nell’ospedale di Niguarda ma prossimo al trasferimento nella sede del Reparto Mobile di via Cagni) arrivano ormai 7.500 chiamate quotidiane, metà delle quali sono «da buttar via», le altre vengono smistate ai «punti di soccorso di secondo livello» cioè carabinieri (40 per cento), polizia (20 per cento), ambulanze (30 per cento) e pompieri.

La risposta del nuovo 112 serve per localizzare e smistare, e soprattutto filtrare. Gli addetti giurano che la «processione» della chiamata (cioè il tempo in cui la telefonata viene raccolta e trasferita) non raggiunge i sessanta secondi. In più c’è la possibilità di localizzare la chiamata (novità che sarà resa ancor più rapida con una applicazione sugli smartphone che ogni cittadino può scaricarsi).

I minuti successivi dovrebbero servire alle singole forze di polizia a pianificare e gestire l’intervento. cioè mandare sul posto una pattuglia, organizzare le «battute» per la ricerca dei fuggitivi e trovare i testimoni. Questa la teoria. In pratica solo per quello che riguarda la polizia il sistema si inceppa. «Perché non avendo un software adeguato loro lavorano in cartaceo, bisogna telefonare alla centrale e poi loro caricano l’annotazione sul pc, senza rapidi automatismi. E i tempi si allungano...»

di Tino Fiammetta