Lombardia, ambiente ferito a morte: "Inquinare è un delitto, che paghino"

L’impietosa mappa di Legambiente comincia dalla diossina di Seveso

Il 10 luglio 1976 all’Icmesa è esploso un reattore che ha provocato una nube tossica

Il 10 luglio 1976 all’Icmesa è esploso un reattore che ha provocato una nube tossica

Milano, 23 maggio 2015 -  Terra di fuoco  e di fabbriche ad orologeria, terra produttiva che ha lasciato mostri che continuano a mordere sotto le coltivazioni, sotto l’asfalto e sotto la falda. La Lombardia industriale pesa come piombo nel Bresciano, il Mantovano e il Cremonese. Tutto è incominciato alle porte di Monza, a Seveso, e la diossina che 40 anni dopo non è possibile domare, tutto continua con la Caffaro di Brescia, la Tamoil di Ostiglia e i poli petroliferi e chimici che hanno divorato migliaia di metri cubi sui quali vive, da sempre, l’uomo.  "Bisogna riconoscere che la Lombardia ha fatto più sforzi rispetto alle altre regioni. Abbiamo siti inquinanti da fare impressione che sono emersi con le industrie dismesse e anche no, centinaia e migliaia di siti che rappresentano un problema enorme. Perché? Perché non c’è più chi ha inquinato, e noi dobbiamo gestire il lascito senza avere gli strumenti come quel 'Super found' negli Stati Uniti che garantisce la bonifica versando allo Stato il giusto prezzo da pagare prima di chiudere. Da noi non esiste niente di tutto questo e le colpe dei padri non possono che ricadere sui figli". Damiano Di Simine, presidente lombardo di Legambiente, elenca l’impietosa realtà che circonda il Nord del benessere: "I bresciani hanno ragione: la Caffaro ha prodotto sostanze inquinanti stabili, che non si degradano, proprio come la diossina. E le bonifiche, oltre al problema di reperimento di denaro, obbligano al rapporto con la malavita, unici operatori che accettano rischi onerosi: il caso Locatelli dei rifiuti illeciti sotto la Brebemi ne è un esempio". Dai danni ambientali della ricchezza, al cappio della mafia per liberarsene: "Scava che ti scava le terre vanno nelle mani dell’operatore autorizzato che però non le consegna in discarica o che le mescola con terre pulite". La bonifica dei siti urbani è una scommessa. È sempre la Caffaro di Brescia l’esempio più triste: le industrie fino agli anni ’80 si estendevano fino alle città e l’edilizia si arresta lì, dove trova l’ostacolo dei terreni inquinati.

Dopo vent'anni è arrivata la legge contro i reati ambientali : "È il meglio che si poteva portare a casa da questo Parlamento. Siamo soddisfatti perché è un grosso passo avanti: finalmente nel codice penale si parla di delitti e non più solo di multe", commenta Legambiente. Dall’industria all’agricoltura. "Nel piatto finiscono pesticidi oltre la soglia tollerata - ricorda Di Simine - Ci sono zone più critiche per il cromo esavalente, come la Val Trompia e la Bassa Cremasca, ma anche il Milanese. La falda profonda è protetta fino a un certo punto. Per l’agricoltura e l’allevamento intensivo in Lombardia si usano fitofarmaci e antibiotici che sono praticamente aboliti nel biologico. L’acqua potabile è sicura e controllata, ma se le fognature perdono, dove finiscono gli inquinanti?".

I costi, altissimi, sono ricaduti sulla collettività. "Chi si è arricchito nel passato o anche oggi non può lasciare in eredità siti inquinati. Nè possiamo continuare a permettere che sui nostri piatti arrivi tanta robaccia".