Troppi tagli e vincoli, sempre più Comuni pronti a fare squadra

Lodi, tutti i pregi e i difetti di unione e fusione. Lavorare insieme permette di aggirare il patto di stabilità e ottenere incentivi economici di Gabriele Gabbini

IMPEGNO Il presidente di Acl Giuseppe Sozzi

IMPEGNO Il presidente di Acl Giuseppe Sozzi

Lodi, 20 aprile 2015 - L’unione fa la forza, si usa dire. Ma anche la fusione non è da buttar via, «l’importante è che non si parli di gestione condivisa», spiega Giuseppe Sozzi, presidente di Acl (Associazione comuni lodigiani) e membro dell’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani). Sul tavolo, inevitabilmente, la gestione della “cosa pubblica”, che nei 61 comuni del Lodigiano (56 dei quali sotto i 10mila abitanti e 52 addirittura con meno di 5mila residenti) deve necessariamente coniugare risparmio e buona gestione, per sopravvivere ai continui tagli di Stato e Regione. Non solo, perché in ogni caso a pesare sul groppone degli amministratori sarebbero comunque i cosiddetti avanzi di amministrazione, ovvero tutti quei fondi risparmiati dai Comuni e poi bloccati dal Patto di stabilità. Esiste, allora, una sorta di panacea di tutti i mali? Due parole magiche: «Unione e fusione – ripete Sozzi come un mantra – che garantiscono da un lato contributi statali o regionali e, dall’altro, permettono di “aggirare” il Patto di stabilità».

Partiamo dalle basi: per unione si intendono due o più Comuni che fanno squadra, condividendo una o più delle nove funzioni fondamentali dell’Amministrazione (dall’ufficio tecnico alla ragioneria passsando per esempio per i servizi sociali o l’ufficio di polizia locale). «Più funzioni vengono condivise – precisa Sozzi – e più aumentano i fondi in arrivo sia dalla Regione che dallo Stato, da un minimo di 100mila euro fino a un massimo di 350mila». Non solo: «I vantaggi continuano perché il nuovo organo nato dalla fusione non è più soggetto al Patto di stabilità, e in più la condivisione di risorse porta inevitabilmente a una razionalizzazione dei costi». In sostanza quindi, ammettendo che tre Comuni decidano di unirsi, tutte le posizioni organizzative di dipendenti e dirigenti verrebbero accorpate, mentre resterebbero indipendenti le tre giunte, così come i tre sindaci, che però lavorerebbero «gratuitamente», precisa Sozzi, nella nuova Giunta d’unione, capitanata da uno dei tre sindaci in qualità di presidente.

Diverso invece il caso della fusione, dove i Comuni coinvolti si trasformano appunto in un unico organismo con un solo primo cittadino e una sola giunta. Anche in questo caso però sono previsti «contributi statali pari a 200mila euro per tre anni, con tanto di esenzione dal Patto per i primi 5 anni di vita», aggiunge ancora il presidente Acl Giuseppe Sozzi. Terza e ultima via sarebbe poi la gestione condivisa: «La peggiore – sentenzia ancora Sozzi – che non prevede incentivi né l’esclusione dal Patto di stabilità, e il vantaggio, volendone trovare uno, sarebbe solo un possibile risparmio dovuto a una gestione condivisa di alcuni uffici e risorse». gabriele.gabbini@ilgiorno.net