Squadre lodigiane in crisi senza soldi. Ma c’è un sistema da rifare

Nei Dilettanti sono in tutto 25. In Terza categoria sono solo 11

L’ad banino Tino Cornaggia, 68 anni

L’ad banino Tino Cornaggia, 68 anni

Lodi, 24 agosto 2016 - Il calcio lodigiano è in crisi. A mancare sui nostri campi non sono tanto i risultati ma proprio le società. Da qui a due settimane ripartiranno i campionati dalla D alla Terza categoria e all’occhio non può che risaltare il numero esiguo di squadre lodigiane impegnate. In Prima e Seconda, a livelli superiori troviamo solo Cavenago Fanfulla, Sancolombano, Montanaso, Codogno e Sant’Angelo, le squadre sono in tutto 32, ma di queste rappresentanti del Lodigiano ce ne sono 20. In Terza categoria le partecipanti al girone B sono tutte lodigiane. Ciò che sfugge è il numero di società: solo 11. Un paio di stagioni fa erano 16 e alle spalle c’era anche un campionato Csi. Nel giro di due anni invece il numero di formazioni è diminuito in modo preoccupante e il campionato amatoriale lodigiano non esiste più (le 5 società rimaste sono state dirottate nel girone cremasco). Per l’amministratore delegato del Sancolombano, Tino Cornaggia il nocciolo sta nel periodo di crisi economica. "Dal punto di vista produttivo la nostra terra non ha mai vissuto periodi felici e quindi anche le società che non trovano investitori. Questo sport dipende anche da chi e quanto si investe".

Per il tecnico banino Maurizio Tassi il problema proviene anche dal campo che non sforna più giocatori all’altezza per colpa delle società. "Si lavora male con i giovani e questi poi, per motivi diversi, lasciano il calcio. O la società ha i fondi necessari per nuovi giocatori o si naviga a vista. Adesso poi c’è questo regolamento riservato agli under che fa si che questi ultimi perdano d’umiltà e avanzino pretese senza conoscere le loro qualità".

Tesi che avalla in toto anche il tecnico della Pergolettese Pierpaolo Curti. "Il regolamento degli under danneggia gli stessi ragazzi e le società. I giovani si ritrovano dall’essere titolari per imposizione a finire in fondo alla panchina quando non fanno più parte del range d’età previsto dal regolamento. Così decidono di lasciare il calcio per dedicarsi ad altro. Il dar spazio al giovane deve essere una cultura e non un obbligo, perché questo rovina il nostro calcio impoverendolo".

Motivazioni economiche ma anche di gestione dei giovani quindi. Fattori che riscontra anche l’ex tecnico del Sant’Angelo Gianpaolo Chierico. "Le aziende con la crisi non vogliono più 'gettare' soldi per aiutare le società calcistiche. Queste ultime quando non ottengono i risultati che vogliono spesso preferiscono chiudere. È un sistema da rifare".