Lodi, 5 giugno 2011 - Quando ha fatto la sua comparsa nel circolo Archinti, la pioggia ha smesso di cadere. Ad attenderlo c’erano da ore bambini, genitori. Ma anche tanti semplici curiosi, giunti in viale Pavia solo per vedere da vicino e dal vivo un campione della Nba. Con la consueta disponibilità, Danilo Gallinari, 22 anni, da pochi mesi passato dai New York Knicks ai Denver Nuggets, si è prestato, a margine dell’evento, a parlare delle sue sensazioni e dei suoi progetti.

Danilo, tre anni negli Usa, qual è il tuo primo bilancio, quali le difficoltà maggiori?
«Il bilancio è molto positivo, nonostante gli infortuni della prima stagione. Sono contento di quello che ho fatto finora. Le difficoltà maggiori le ho incontrate all’inizio, mi sono trovato in un mondo diverso, a dovermi misurare con un gioco diverso»
E vivere così lontano da casa?
«Diciamo che non è stato un grande problema. Vivevo fuori casa da quando avevo 14 anni e quindi mi sono adattato facilmente».
Quanto è piccolo il Lodigiano, visto da New York o da Denver?
«È molto piccolo. New York è una metropoli immensa e anche se Denver è una città più piccola, da là persino Milano sembra minuscola. Il Lodigiano poi...»
Quante volte al giorno pensi al Lodigiano?
«Beh sono in contatto costantemente, ogni giorno con i miei genitori e i miei amici. Tramite telefono, internet».
Cosa ti manca di più dell’Italia?
«Gli amici, le persone che frequento durante l’estate e i miei genitori anche se spesso vengono a trovarmi».
Com’ è la tua giornata-tipo negli States?
«Abbiamo di solito allenamento alle 11, per 2 ore, 2 ore e mezza. Poi la giornata è abbastanza libera. Quando abbiamo la partita in trasferta però ci imbarchiamo sull’aereo sempre alle 15 e partiamo. Quando invece giochiamo in casa l’allenamento del mattino è alle 10. E si gioca alle 19».
Quante volte torni a casa in un anno?
«Solo d’estate, da maggio a fine settembre, durante la stagione sportiva, è impossibile».
Ormai tutta la tua carriera sarà negli Usa?
«Speriamo che vada avanti in Nba il più possibile. Poi si vedrà».
Hai seguito l’annata dell’Assigeco? Pensi che il ritorno al Palacampus possa essere la chiave giusta per risvegliare gli interessi verso la squadra?
«Ho seguito abbastanza. L’obiettivo della salvezza è stato centrato pur se sul rush finale. Non conosco i piani del presidente Curioni, ma penso che con il trasferimento a Lodi l’Assigeco abbia perso parte dei suoi tifosi e che tornando a Codogno questi potranno tornare. Anche forse scendendo di categoria».
A tutti i ragazzini che hanno partecipato all’Event, che consigli daresti?
«Di divertirsi con il pallone, con i compagni di squadra, di sognare e di mettere lo studio come primo obiettivo prima della pallacanestro».
Il tuo FanClub compie un anno, sei contento di questa iniziativa?
«Sì molto. Ringrazio il presidente e tutti quelli che hanno organizzato la giornata».
Ti possiamo strappare una promessa: a fine carriera torni all’Assigeco?
«Non lo escludo però dopo l’Nba vorrei sicuramente tornare a Milano, in serie A. Amo tanto la pallacanestro, ma non sarò di quelli che andrà avanti a giocare fino a 40-45 anni rubando il posto ai giovani».