"Resistenza uguale solidarietà": l’Anpi tende la mano ai profughi

Lodi, bagno di folla in piazza. Musica e letture in ricordo dei partigiano che hanno combattuto per la libertà

SULL’ATTENTI Le autorità in piazzale Medaglie d’Oro (Cavalleri)

SULL’ATTENTI Le autorità in piazzale Medaglie d’Oro (Cavalleri)

Lodi, 26 aprile 2015 - «Resistere oggi significa anche tendere una mano solidale, non come gesto caritatevole ma di giustizia, a tutte quelle persone che arrivano nel nostro Paese, scappando da guerre, persecuzioni, miserie, senza dimenticare di essere stati per decenni, un popolo di emigranti». Isa Ottobelli, presidente dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) lodigiana, ieri mattina in piazza della Vittoria nel discorso conclusivo della celebrazione per il 70esimo dalla Liberazione, che, forse per la particolare ricorrenza, forse per la nuova coreografia che ha visto protagonisti studenti della media Gorini, ha registrato una più nutrita partecipazione rispetto agli anni passati, ha legato con un filo i valori della Resistenza, confluiti poi nella Costituzione; un’eredità «di libertà, democrazia e pace» che dobbiamo oggi intessere nel nostro presente: «In circa 30 anni, tra la fine dell’ ’800 e la Prima guerra mondiale, circa 15 milioni di italiani cercarono una vita migliore nei Paesi d’oltre mare e in altri stati europei – ha ricordato, tra gli applausi –. Anche allora ci furono terrificanti tragedie: il vapore ‘Sirio’ affondò durante una burrasca con 1500 emigranti. Anche all’epoca alcune società di navigazione imbastirono, su quella massa di gente povera, ignobili speculazioni. E l’arrivo in terra straniera spesso significò per i nostri emigranti prendersi ogni colpa e ogni accusa di delinquenza e ribellione». La Resistenza, ha rimarcato Ottobelli, non è solo il giusto «ricordo grato verso quelle migliaia di uomini e di donne che scelsero da che parte stare e combatterono per la libertà di tutti», ha detto ricordando «le vittime di Villa Pompeiana e della cascina Cagnola, dei Martiri del Poligono, di San Bernardo» ed in particolare, sostenuta da un caloroso applauso, «Edgardo Alboni (95 anni, già Parlamentare) il grande comandante ‘Nemo’ (della 174esima Brigata Garibaldi, ndr), ma è anche «inizio di una storia nuova per tutto il popolo italiano, un percorso che prosegue ogni giorno», fatto di «responsabilità nella vita sociale e nella vita pubblica», ribadendo «il netto rifiuto verso tutto ciò che è violenza e sopraffazione, verso tutto ciò che è contro la dignità umana».

Proprio come ricorda la scritta sul basamento del monumento alla Resistenza, restituito dall’amministrazione alla città dopo il restauro: «Mai più violenza e sopraffazione». Dopo la messa in Duomo che ha dato il via alla celebrazione il lungo corteo, con le massime autorità civili e militari (era presente anche il deputato ed ex sindaco della città, Lorenzo Guerini) e le associazioni combattentistiche con i rispettivi labari, si è radunato proprio intorno al monumento di piazza Medaglie d’Oro per la posa delle corone d’alloro, accompagnato dalla banda guidata da Renato Casiraghi, col ‘Silenzio’ e ‘Fratelli d’Italia’. In piazza della Vittoria, invece, gli studenti della Gorini con le loro claviette, guidati da Alessandro Moro, si sono alternati alle letture in ricordo dei partigiani Edoardo Meazzi, che fu in carcere con Ettore Archinti, Gianfranco Mariconti, protagonista di un atto di eroismo durante la ‘marcia della morte’ tra due lager, e della testimonianza di dolore di Rita Riboni che perse marito e figlio 17enne, torturato e fucilato. Quindi il discorso del sindaco Simone Uggetti e la chiusura di Ottobelli.

laura.debenedetti@ilgiorno.net