Lodi, 19 agosto 2011 - «Il funzionamento della macchina politica provinciale costa, ad ogni lodigiano, meno di un caffè all’anno (circa 200 mila euro totali, ndr). Con la cancellazione dell’ente il costo non verrà risparmiato, si perde solo il servizio». «I Lodigiani pagheranno dunque il caffè senza neppure berlo», è il senso della metafora lanciata ieri sera a palazzo San Cristoforo dal presidente della Provincia, Pietro Foroni (Lega) che, insieme al presidente del consiglio Massimo Codari (Pdl) e al capogruppo del Pd, nonché ex presidente, Osvaldo Felissari ha incontrato la stampa al termine della riunione dei capigruppo, convocata d’urgenza dopo la decisione del Governo di sopprimere l’ente.

 


Fuori, sul portone d’ingresso, la bandiera della Provincia un paio d’ore prima era stata posta a mezz’asta, con un nastro nero in segno di lutto. «Negli atti del Governo — ha proseguito Foroni — i benefici economici dei tagli delle province non sono indicati perché non ci saranno. Il personale esistente passerà, infatti, sotto la Regione». I capigruppo (erano presenti anche Nicola Buonsante ,Pdl, Maurizio Villa, Lega Nord, Giacomo Arcaini, Udc, e Vincenzo Romaniello, Idv) hanno deciso, ha spiegato Codari, come primi passi «di difendere l’istituzione facendo capire, dati alla mano, che è stata e sarà utile. Ma soprattutto di cercare una condivisione delle scelte con i sindaci, le associazioni di categoria e i cittadini». Già nei prossimi giorni si prenderanno contatti con le diverse realtà territoriali in vista di un consiglio provinciale aperto che verrà convocato ai primi di settembre: «In quella sede — ha precisato Foroni — sindaci e forze sociali potranno dire la loro. Ciò che ci preme è dimostrare che difendiamo la Provincia perché siamo un territorio che ha un’identità storica, sociale ed economica anche se al cittadino spesso sfuggono le funzioni di coordinamento e programmazione svolte dall’ente».


 

Foroni ha già preso contatto con i colleghi «di alcune province del nord, con l’Unione delle Province Lombarde e Italiane per concertare un’azione di difesa comune, eventualmente sollevando l’incostituzionalità del decreto: «Il provvedimento, frettoloso, prevede che i singoli comuni decidano a quale provincia limitrofa annettersi e ciò significa lo smembramento dell’identità di questo territorio. Ma attività e passività dell’ente a chi andranno? Chi diventerà proprietario di S.Cristoforo e S.Domenico? Il decreto non lo dice e lascia speranza che si possa modificare. Così come mi auguro che ci sia un ripensamento nella soppressione dei piccoli comuni». «Le forze politiche possono avere idee diverse, ma solo se c’è autonomia periferica si risponde ai bisogni del cittadino — ha rimarcato Felissari —. Battaglie e negoziazioni sono servite a tutela del territorio. Quando eravamo con Milano la capacità di investimento era 10 volte inferiore: in questi 7-8 anni sono stati investiti qui 100 milioni di euro. E con l’ultimo accordo regionale arriveranno altri 35-40 milioni di euro».