Strangolata e abbandonata nuda, Pizzocolo verso la sentenza. "La uccise in piena coscienza"

L'arringa dell'avvocato della madre di Lavinia ricostruisce la sequenza dell'orrore. "Il ragioniere di Arese la assassinò senza pietà anche per abusarne dopo la morte". Venerdì il verdetto

 Il campo dove è stata trovata la vittima (Cavalleri)

Il campo dove è stata trovata la vittima (Cavalleri)

San Martino in Strada, 21 marzo 2015 - Processo Pizzocolo. Ieri l’arringa finale di Tiziana Bertoli, l’avvocato della mamma di Lavinia Simona Aiolaiei, la giovane strangolata con due fascette elettriche in un motel a Olgiate Olona. Rischia l’ergastolo Andrea Pizzocolo, il ragioniere di Arese, arrestato il 7 settembre del 2013 dalla squadra Mobile di Lodi con l’accusa di averla uccisa, abbandonando poi il cadavere in un campo di San Martino in Strada dopo averne abusato più volte anche dopo la morte.

In aula si rivive l’orrore. "Stanza 64". Nella camera del Motel Moon erano già piazzate le telecamere. "Pizzocolo è pienamente responsabile. Ha agito con efferatezza in piena coscienza e volontà", va dritta al punto la Bertoli davanti ai giudici. "Chiediamo una sentenza che restituisca valore alla vita. Lavinia è il simbolo di quello che non deve più accadere. Aveva appena compiuto 18 anni. Vi chiedo di pensare alla feroce e atroce situazione in cui si è trovata, raffigurandovela come se fosse la figlia di ognuno di noi. Assassinata senza alcuna pietà. Quel corpo esile e minuto, nudo, buttato nel campo come un oggetto, dopo essere stata profanato con ripetuti atti osceni".

In aula non ci sono i parenti di Lavinia distrutti dal dolore, né quelli del ragioniere. Lui, invece, c’è. Non ha mai perso un’udienza. Non ha mai chiesto perdono. Bertoli descrive così il disegno criminoso dell’imputato: "Uccidere la piccola Lavinia anche per avere un rapporto sessuale con il cadavere". E continua a percorre le fasi dell’omicidio: "Pizzocolo estrae furtivamente la prima fascetta da sotto la salvietta e la infila sotto il collo di Lavinia e dopo, con una mossa fulminea e decisa, chiude la fascetta con tutta la forza, la stringe, mentre Lavinia tenta invano di liberarsi dalla morsa e urla", quasi si stacca un dito nel tentativo di salvarsi. Si divincola "lui la sposta di fianco, si mette sopra di lei e la blocca". Le gambe di Lavinia ora si muovono a scatti, lui si siede "e con la mano sinistra ne spinge con forza il volto sul cuscino". Quattro minuti per soffocarla e poi si riveste.

Ma lei ha ancora un sussulto. "Pizzocolo si avvicina nuovamente, tira la fascetta e preme ancora contro il cuscino. Prende da sotto il comodino una seconda fascetta e stringe". Prima di abbandonare il corpo nudo in un campo del Lodigiano, ne abusa, si riprende i 500 euro con cui l’aveva pagata e si mette in tasca anche la Poste Pay della ragazza. "Era talmente lucido dal fermarsi nell’autogrill di San Zenone mentre aveva il cadavere ancora in macchina", prosegue l’avvocato. Pizzocolo cena davanti al cadavere di Lavinia: baguette farcita con salame felino. L’avrebbe uccisa il giorno prima, a casa sua ad Arese, se solo gli fosse riuscito. Una personalità "crudele e malvagia". "La condanna penale e il risarcimento del danno dovrà necessariamente tenere conto della giovane vita che ha distrutto" conclude Bertoli. L’avvocato di Pizzocolo Vincenzo Lepre tenta la strada dell’infermità parziale. Venerdì la sentenza.