Giovedì 25 Aprile 2024

«Pagami, sono della ’ndrangheta». Condannato a quattro anni e sei mesi

Codogno, un 43enne voleva il pizzo dal titolare di un’agenzia funebre di Carlo D'Elia

L’ingresso della caserma dei carabinieri di Codogno

L’ingresso della caserma dei carabinieri di Codogno

Codogno, 27 gennaio 2015 - Chiedeva il pizzo al titolare di un’agenzia di onoranze funebri di Codogno, dicendo di essere un esponente della ‘ndrangheta calabrese: S.F., 43 anni, originario della Calabria, residente a Reggio Emilia, ieri, è stato condannato, attraverso il rito abbreviato, dal tribunale di Lodi a 4 anni e 6 mesi di reclusione con l’accusa di estorsione. L’imputato, senza precedenti penali, era agli arresti domiciliari dal 18 agosto del 2014. Un’operazione condotta dai carabinieri di Codogno e coordinata dalla procura di Lodi, aveva permesso ai militari di scoprire l’illecito ‘giro d’affari’.

La vittima, ex datore di lavoro dell’estorsore, aveva continuato a pagare questa sorta di pizzo per quasi due mesi. Alla fine il commerciante, che aveva subito minacce dirette di morte, in cui il 43enne vantava conoscenza ed affiliazione nella ‘ndrangheta calabrese e che suoi parenti dalla Calabria sarebbero saliti su fino a Codogno per aiutarlo nella sua attività delinquenziale, aveva deciso, a fine luglio del 2014, di denunciare il malvivente, contattando le forze dell’ordine. L’uomo era stato arrestato nella mattinata del 14 agosto del 2014, quando i carabinieri di Codogno, erano riusciti a fermarlo pochi istanti dopo che aveva intascato la somma di 1.400 euro, appena estorta al titolare dell’agenzia di onoranze funebre. S.F., conosceva la sua vittima, in quanto in passato aveva lavorato per lui in un rapporto lavorativo saltuario, concluso da alcuni mesi, e aveva iniziato a chiedere somme di denaro che, in un primo momento, la vittima aveva concesso proprio per timore di ripercussioni. Le indagini dei carabinieri avevano permesso di fiutare l’attività estorsiva dell’uomo. Il 43enne era stato pedinato dai militari mentre si recava all’incontro con l’imprenditore e, dopo aver preso i soldi, lo avevano fermato e arrestato.

Il denaro che aveva estorto era in parte destinato a pagare il viaggio di suoi sedicenti parenti calabresi che quella mattina di metà agosto del 2014 erano appena giunti dalla Calabria e pronti ad intervenire, nel caso non avesse ricevuto la somma che era stata richiesta. L’intera somma estorta era stata interamente recuperata dai militari sopraggiunti sul posto. Dopo la sentenza di condanna, l’imputato, dovrà risarcire anche la vittima, che al processo ha scelto di costituirsi parte civile. «Siamo contenti per come si è conclusa la vicenda – spiega l’avvocato di parte civile, Andrea Bianchetti –. Il giudice di Lodi Isabella Ciriaco ha deciso una pena severa. Il mio assistito avrà una provvisionale di 1.500 euro per i danni subiti. Nelle prossime settimane vedremo se avviare le procedure per il risarcimento».