Ex Sicc, l’hotel dei disperati chiude

Il ricovero di profughi e senzatetto pronto per essere demolito

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Lodi, 22 maggio 2014 - Ricovero di disperati, prima che di criminali, il vecchio cementificio ex Sicc di via Ferrabini verrà demolito. Un iter lungo e non semplice quello che ha portato il Comune a emanare questa ordinanza, «perché la struttura è privata – ricorda il sindaco Simone Uggetti – e prima di poter intervenire “in casa d’altri” bisogna superare una lunga serie di ostacoli». Sopralluoghi, con vigili e polizia ma anche con l’Asl, identificazione degli «ospiti», ognuno con la sua cameretta singola ricavata tra muffa, fango ed escrementi, e catalogazione dei rifiuti, dai vecchi televisori fino a materassi e copertoni, che andranno smaltiti singolarmente.

Certo colpisce il tempismo dell’Amministrazione, che emana l’ordinanza proprio a pochi giorni dal fermo dell’egiziano Moussad Hassane Attia Mohamed, accusato dell’omicidio di Antonella D’Amico e che proprio in quell’ammasso di cemento e disperazione avrebbe trovato rifugio dopo l’efferato assassinio, prima di tentare la fuga verso l’Egitto. «Ma è solo una coincidenza – chiarisce ancora Uggetti –, perché l’intera macchina comunale si era già attivata quando ancora ero assessore». E oggi il testimone è passato al suo successore, in tema di urbanistica, Simone Piacentini: «Non siamo certo rimasti fermi a guardare finora – parte subito Piacentini – ma ottenere i permessi e organizzare sopralluoghi con le forze dell’ordine richiede tempo. La proprietà è gia stata informata: hanno venti giorni da oggi (ieri, ndr) per la demolizione. Altrimenti ci penseremo noi». Prima, dunque, si procederà ad allontanare «i residenti», cinque almeno considerato il numero di brande ritagliate nel marcio; poi bisognerà procedere alla rimozione, e al corretto smaltimento del mare di rifiuti accastastati negli anni; e solo dopo si potrà procedere a rendere impenetrabile la struttura o, in alternativa, ad abbatterla. Un’ipotesi quest’ultima decisamente più plausibile, considerando il fatto che non esiste alcuna recinzione a protezione del rudere. Il tutto, appunto, entro e non oltre il 10 giugno, sebbene sia possibile per la proprietà, va detto, tentare la via del ricorso al Tar entro 60 giorni.

A FINE aprile avevamo realizzato con Il Giorno un reportage sulle condizioni invivibili in cui questi disperati, non solo profughi ma anche un paio di italiani, erano costretti a vivere, con i materassi luridi gettati tra fetidi resti di feci e urina. Le forti proteste dei residenti però, unite alle condizioni igienico-sanitarie ai limiti dell’umano, hanno obbligato il Comune ad agire, per chiudere i battenti, una volta per tutte, del Gran Hotel dei disperati.

gabriele.gabbini@ilgiorno.net