Strangolata e abbandonata nuda in un campo: rinviato a giudizio Andrea Pizzocolo

Il ragioniere di Arese è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili e dalle sevizie, di vilipendio e oscenità su cadavere e anche di sequestro di persona ai danni di un'altra escort romena, riuscita a salvarsi

Lodi, ragazza romena strangolata, arrestato Andrea Pizzocolo (Cavalleri)

Lodi, ragazza romena strangolata, arrestato Andrea Pizzocolo (Cavalleri)

Busto Arsizio (Varese), 15 luglio 2014 - Rinvio a giudizio per Andrea Pizzocolo. Il ragioniere 41enne di Arese (Milano) è stato arrestato il 7 settembre dalla con l'accusa di aver strangolato poche ore prima in un motel della provincia di varese Lavinia Simona Aiolaiei, una escort romena di diciotto anni. Il corpo della donna era stato poi abbandonato in un campo di San Martino in Strada, nel Lodigiano. Il Gup, che ha accolto le richieste del pm Raffaella Zappatini, ha fissato per il prossimo 7 ottobre la prima udienza del processo in Corte d'Assise. L'uomo è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili e dalle sevizie, di vilipendio e oscenità su cadavere e anche di sequestro di persona ai danni di un'altra escort romena

LA SEQUENZA DELL'ORRORE - Dopo aver strangolato la giovane con delle fascette da elettricista nella stanza dell'hotel, Pizzocolo ha compiuto compiuto atti sessuali sul corpo della giovane, ormai senza vita . Scene di sesso post-mortem che l'uomo ha ripreso con una telecamera realizzando un filmato sequestrato dalla Squadra mobile di Lodi. Poi ha cercato di nascondere il cadavere della giovane scaricandolo nel campo del Lodigiano. Quando è stato arrestato, l'uomo ha confessato di aver ucciso la giovane in un gioco erotico "estremo". Poche settimane prima, era il 7 agosto, l'impiegato aveva già aggredito con modalità simili un'altra ragazza romena, che però era riuscita a salvarsi. Il suo legale, avvocato Enzo Lepre, durante l'udienza preliminare non ha chiesto l'accesso a un rito alternativo. "Il rinvio a giudizio è un esito che avevamo previsto - ha spiegato il difensore -. Noi abbiamo contestato la volontarietà e l'aggravante della premeditazione - ha proseguito - perché  il mio assistito non voleva uccidere la donna".