Abdel, raccoglitore estivo di zucchine: "Spaccarmi la schiena per 4 euro all’ora"

Merlino, giovane senegalese pagato in nero: "Ma erano soldi sicuri"

Foto d’archivio di due contadini che colgono i frutti  della terra

Foto d’archivio di due contadini che colgono i frutti della terra

Merlino, 20 ottobre 2016 - "Ho paura, non fotografarmi, per favore, ma la storia te la racconto". Se pensate che le storie di sfruttamento per il lavoro di raccolta dei frutti nei campi sia solo del sud, ecco la prova che vi sbagliate di grosso. Ce lo racconta Abdel, nome di fantasia di questo ragazzo, poco meno che trentenne che arriva dal Senegal per sfuggire alla sua storia personale di miseria, che qui non ha trovato l'America, ma ha conservato la sua dignità perché, come ci riferisce, lui vuole lavorare e non chiedere la carità. "Guarda quel ragazzo – indica una persona straniera come lui che chiede soldi all'ingresso del panificio, pochi metri più in là. – Non lavora e si ferma sempre lì. In una giornata può prendere anche 30/35 euro. Io faccio fatica a guadagnarne 10 di euro vendendo la mia merce, che compro a Milano pagandola in anticipo e poi rivendo qui. Ma spero un giorno di trovare un lavoro dignitoso che mi permetta di star bene e di far star bene la mia famiglia". Abdel abita a Zelo Buon Persico e per due mesi non si è fatto vedere al suo posto di vendita a Crema. Pensavamo che fosse tornato a casa per le vacanze. Invece la realtà è un'altra, triste da una parte, ma per lui, per come è adesso, una realtà che gli ha permesso di raggranellare qualche soldo.

Ci presentiamo con una brioche al cioccolato, che non mangia ma infila nella borsa. Forse sarà il suo pranzo. Poi racconta a mezza voce. "Sono sparito perché ho trovato un lavoro temporaneo. Mi hanno chiamato per andare a raccogliere le zucchine nei campi a Merlino". Chi ti ha chiamato? "Amici, gente come me. Quando serve qualcuno la voce si sparge e arriva anche a noi. Ci presentiamo e ci fanno lavorare". Cosa dovevi fare? "Raccogliere le zucchine e metterle nelle cassette. In ogni cassetta ce ne stavano venti chili e cinque cassette fanno cento chili. Molto pesanti". Ma quanto tempo lavoravi? "Sette, otto ore il giorno. Per due mesi di fila". E quanto ti pagavano? "Quattro euro l'ora. In nero. Alla fine della giornata facevano il calcolo del tuo lavoro e poi ti davano i soldi. Per me erano soldi importanti e sicuri. Non faceva niente se avevo la schiena rotta e se avevo solo voglia di andare a casa a riposare". Come andavi al lavoro? "Ho una bicicletta. Il campo non era distante, qualche chilometro".

Ma possibile che non abbiate mai avuto un controllo? "Non è mai venuto nessuno a vedere. Noi eravamo una decina, almeno io vedevo questi. Lavoravamo tutto il giorno e poi tornavamo a casa, per riprendere il giorno dopo". Ti hanno sempre pagato? "Sì, non hanno mai fatto storie: tante ore, tanti soldi". E poi è finita? "Sì, due mesi. Adesso mi riposo un po' vendendo cinture, ombrelli, collane. Qui la gente è buona è aiuta. Ma io vorrei un lavoro regolare, per avere un futuro e una famiglia". Non hai dovuto pagare qualcuno per ottenere il lavoro? "No, non è capitato. Solo amici come me che ti chiamano". Gli spieghiamo che in Italia è appena passata una legge contro il caporalato. Ma lui pensa solo a quel lavoro che gli spaccava la schiena, ma che gli dava quattro euro sicuri l'ora. Che adesso non guadagna più. Sono finite le zicchine.