Omicidio di Pordenone: così sparò il killer. In aula le foto dei corpi

Ricostruite le traiettorie dei proiettili. Immagini usate per spiegare perché l'ipotesi iniziale di omicidio suicidio è stata cambiata in omicidio

Teresa Costanza e Trifone Ragone

Teresa Costanza e Trifone Ragone

Zelo Buon Persico, 18 ottobre 2016 - I biondi capelli ancora impregnati di sangue mentre la testa di Teresa Costanza giaceva inerte, appoggiata al finestrino della sua Suzuki. Al suo fianco il fidanzato 28enne Trifone Ragone, adagiato sul sedile passeggero col volto, ormai irriconoscibile, ricoperto di sangue. È iniziata così, ieri mattina in Corte di Assise a Udine, la seconda udienza del processo a carico di Giosuè Ruotolo, il militare campano di 27 anni accusato dell’omicidio dei fidanzati di Pordenone.

Cinque colpi di pistola andati a segno, uno solo a vuoto, tutti a distanza ravvicinata, stando alla ricostruzione effettuata ieri in aula. Trifone è stato raggiunto da tre colpi al capo, due sicuramente mortali e uno da distanza estremamente ravvicinata, circa 5-10 centimetri. Contro Teresa invece sono stati esplosi due colpi, di cui uno frontale, probabilmente mentre la 30enne stava girando la testa verso il suo assassino. Ieri in aula è stato il giorno della Procura, a partire dalle immagini dei due fidanzati uccisi. Le fotografie sono state usate da testi e periti per indicare i punti in cui sono stati trovati i sei bossoli e spiegare i motivi per cui l’ipotesi iniziale di omicidio-suicidio da cui erano partite le indagini è poi mutata in omicidio.

A Udine, accanto ai suoi legali, c’era anche Giosuè Ruotolo, che ha fatto ingresso in aula rivolgendo solo un saluto al padre, prima di essere catapultato nella scena del delitto proiettata sullo schermo. tutto mentre ad attendere all’esterno c’erano i genitori di Trifone Ragone. Non c’era invece la famiglia di Teresa. Rosario e Carmelina Costanza ieri hanno vissuto il processo in collegamento coi loro avvocati da casa loro, a Zelo Buon Persico, nel Lodigiano. «Eravamo stati informati di questa proiezione dai nostri legali – spiega papà Rosario – così abbiamo scelto di restare qui, per questa volta. Quelle foto non le ho mai viste eppure mi mettono i brividi al solo pensiero». Il dolore, a ormai 19 mesi dalla scomparsa della figlia, è più vivo che mai, così come la rabbia. «Le prove portano a lui (Ruotolo, ndr) – attacca Costanza – ma continuiamo anche a essere convinti che il vero segreto sia altrove. Crediamo che qualcun altro abbia armato la sua mano».