2010-10-15
di FRANCESCO NERI
LODI
«CONTINUEREMO a chiedere lassoluzione» dice convinto lavvocato Luigi Bulzomì che difende S.T., medico di 49 anni, accusato di omissione di atti dufficio nei confronti di un ragazzo 20enne deceduto per una grave forma di leucemia. Tutto è iniziato nel dicembre del 2006 quando una coppia di Lodi aveva richiesto lintervento del medico 49enne che allepoca dei fatti lavorava come guardia medica. La coppia aveva richiesto una visita a domicilio per loro figlio che da un paio di giorni lamentava una forte febbre. Visita che , secondo il padre del ragazzo, non è mai arrivata. Appena tre giorni dopo il ragazzo veniva ricoverato durgenza allospedale Maggiore. La diagnosi è stata impietosa: una forma acuta di leucemia fulminante. Inutile anche il disperato ricovero al San Matteo di Pavia. Alle 14 dello stesso giorno il ragazzo era deceduto.
CIRCA DUE settimane dopo la morte del figlio i genitori hanno denunciato il medico accusandolo di non aver salvato il ragazzo rinunciando alla visita domiciliare. diversa invece la versione dellallora guardia medica che sostiene di aver ricevuto soltanto una richiesta di«diagnosi» telefonica. Ieri, nel tribunale di Lodi, ci sarebbe dovuta essere la sentenza che però per indisponibilità dellavvocato difensore è slittata al 13 di gennaio. «Non cè stata alcuna chiamata per richiedere una visita domiciliare afferma lavvocato Bulzomì e sono certo che riusciremo a dimostrarlo. I famigliari del ragazzo avrebbero richiesto unicamente una perizia telefonica. basti pensare che da principio S.T. era stato accusato di omicidio colposo poi, dopo la perizia richiesta dal giudice, laccusa è stata derubricata in mancanza di atti dufficio. In pratica il mio assistito non avrebbe potuto fare nulla per salvare la vita del ragazzo. Si è trattato di una forma di leucemia molto aggressiva che, a detta del perito del pubblico ministero, non sarebbe stata curabile in nessun modo. Anche il ricovero del paziente in due diversi ospedali (il Maggiore di Lodi e il San Matteo di Pavia ndr) non è servito a nulla».
MA LA FAMIGLIA del ragazzo rimane convinta che la mancata visita domiciliare da parte del medico sia stata un fattore influente nel decesso del ragazzo. «Abbiamo richiesto allAsl di fornire i registri delle chiamate fatte quel giorno per poter vedere effettivamente cosè successo», conclude lavvocato Luigi Bulzomì.
di FRANCESCO NERI
LODI
«CONTINUEREMO a chiedere lassoluzione» dice convinto lavvocato Luigi Bulzomì che difende S.T., medico di 49 anni, accusato di omissione di atti dufficio nei confronti di un ragazzo 20enne deceduto per una grave forma di leucemia. Tutto è iniziato nel dicembre del 2006 quando una coppia di Lodi aveva richiesto lintervento del medico 49enne che allepoca dei fatti lavorava come guardia medica. La coppia aveva richiesto una visita a domicilio per loro figlio che da un paio di giorni lamentava una forte febbre. Visita che , secondo il padre del ragazzo, non è mai arrivata. Appena tre giorni dopo il ragazzo veniva ricoverato durgenza allospedale Maggiore. La diagnosi è stata impietosa: una forma acuta di leucemia fulminante. Inutile anche il disperato ricovero al San Matteo di Pavia. Alle 14 dello stesso giorno il ragazzo era deceduto.
CIRCA DUE settimane dopo la morte del figlio i genitori hanno denunciato il medico accusandolo di non aver salvato il ragazzo rinunciando alla visita domiciliare. diversa invece la versione dellallora guardia medica che sostiene di aver ricevuto soltanto una richiesta di«diagnosi» telefonica. Ieri, nel tribunale di Lodi, ci sarebbe dovuta essere la sentenza che però per indisponibilità dellavvocato difensore è slittata al 13 di gennaio. «Non cè stata alcuna chiamata per richiedere una visita domiciliare afferma lavvocato Bulzomì e sono certo che riusciremo a dimostrarlo. I famigliari del ragazzo avrebbero richiesto unicamente una perizia telefonica. basti pensare che da principio S.T. era stato accusato di omicidio colposo poi, dopo la perizia richiesta dal giudice, laccusa è stata derubricata in mancanza di atti dufficio. In pratica il mio assistito non avrebbe potuto fare nulla per salvare la vita del ragazzo. Si è trattato di una forma di leucemia molto aggressiva che, a detta del perito del pubblico ministero, non sarebbe stata curabile in nessun modo. Anche il ricovero del paziente in due diversi ospedali (il Maggiore di Lodi e il San Matteo di Pavia ndr) non è servito a nulla».
MA LA FAMIGLIA del ragazzo rimane convinta che la mancata visita domiciliare da parte del medico sia stata un fattore influente nel decesso del ragazzo. «Abbiamo richiesto allAsl di fornire i registri delle chiamate fatte quel giorno per poter vedere effettivamente cosè successo», conclude lavvocato Luigi Bulzomì.
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