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— MILANO —
L’INCHIESTA, ormai, è praticamente chiusa. E per don Domenico Pezzini (nella foto), accusato di violenza sessuale, si avvicina il momento del possibile processo. A settembre, con la ripresa dell’attività giudiziaria, il pm Cristiana Roveda depositerà gli atti dell’indagine, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio.
Il ragazzino originario del Bangladesh che sostiene di aver subito per tre anni le attenzioni morbose del sacerdote, all’inizio di agosto ha ripetuto i suoi racconti davanti al giudice nel corso di un incidente probatorio. Assente dall’aula durante la testimonianza del ragazzino, don Pezzini, 73 anni, che si è sempre detto innocente, per il momento resta a San Vittore.

A METÀ GIUGNO il tribunale della libertà respinse la sua istanza di revoca della misura cautelare che lo tiene in cella da fine maggio. E dalle motivazioni del provvedimento emergeva un contesto che poteva servire a spiegare anche perché il giudice Giuseppe Vanore aveva respinto anche la sua istanza di poter andare ai “domiciliari” in un’oasi monastica. Anche in quella struttura, per il giudice, sussisterebbe a carico del sacerdote il pericolo di reiterazione del reato. Contro don Pezzini non c’è infatti solo l’accusa formalizzata di avere abusato tra il 2006 e il 2009 del 17enne asiatico. Emergevano le testimonianze dei vicini di casa che descrivevano l’andirivieni nell’appartamento del sacerdote di giovani per lo più orientali. E c’erano le tracce di alcuni messaggini telefonici intercettati sul cellulare del sacerdote, che non lascerebbero dubbi sul tenore dei rapporti intrattenuti dal sacerdote con alcuni giovani che egli seguiva.
Nel faccia a faccia in carcere con il giudice Vanore dopo l’arresto, il prete parlò apertamente della propria omosessualità ma negò di essere pedofilo e sostenne che le accuse del ragazzo potevano essere nate dalla delusione per la promessa non mantenuta dallo stesso don Pezzini di prenderlo in affido. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, la vittima era un ragazzino estremamente povero, appartenente a una famiglia disagiata, che il sacerdote avrebbe accolto e seguito, dandogli soldi e facendogli ascoltare musica, ma avendone in cambio rapporti sessuali.
L’avvocato Mario Zanchetti, difensore del sacerdote, ha però sempre ribadito la completa estraneità di don Pezzini all’accusa di violenza. E ha sempre respinto ogni ipotesi di patteggiamento.
M.Cons.