2010-04-27
—CODOGNO—
NELLA primavera del 1998 un chirurgo dell’ospedale Niguarda salvò la vita di Pietro Monfredini, codognese oggi sessantanovenne, coinvolto in un eclatante episodio di malasanità: per ben 36 anni l’uomo, senza che nessuno mai se ne fosse accorto, aveva vissuto con una compressa di garza dimenticata nel suo addome da altri chirurghi, quelli che nel 1972 intervennero d’urgenza in sala operatoria a Codogno per risolvere i postumi di un incidente stradale. Proprio questa mattina Pietro Monfredini che — dopo aver scoperto la causa dei suoi mali fisici — da diversi anni ingaggia un’aspra battaglia legale per ottenere un adeguato indennizzo, viene chiamato nella sede dell’Asl di Lodi per sottoscrivere un documento di conciliazione. Il «caso Monfredini», uno tra gli episodi di malasanità più clamorosi registrati in provincia di Lodi, che l’interessato ha portato sotto le telecamere della Rai ed anche alla attenzione della Corte Europea e del Quirinale, sta per chiudersi con un risarcimento di circa 190 mila euro. L’importo viene attinto dai fondi delle soppresse Unità socio sanitarie (Ussl ) «È un’inezia» — dice l’interessato, che però aggiunge: «Questi soldi mi fanno comodo, prima di tutto per saldare debiti arretrati e poi per cercare di trascorrere una vita un po’ più dignitosa e serena, considerato che negli ultimi tempi sono stato costretto a non avere neppure un tetto sotto il quale ripararmi». Dunque finalmente una buona notizia, dopo tanti anni di tribulazioni. «Non auguro neppure al mio peggiore nemico di provare le angosce che ho dovuto sopportare. Prima il dolore fisico. Poi una spirale sempre più negativa. Avevo una attività commerciale ben avviata. Ho perso tutto. Ho perso la famiglia, gli amici».
In casi di malasanità più o meno analoghi al suo altre vittime hanno ottenuto risarcimenti in tempi più rapidi. Come mai a lei è toccato un percorso sempre in salita?
«A Niguarda nel 1998 hanno scoperto che tutti i miei problemi derivavano dalla garza che avevo nella pancia dal 1972 e attorno alla quale si era formato un voluminoso ascesso. Il corpo estraneo è stato asportato. Io mi sono sentito un miracolato. Allora ho fatto causa ai chirurghi e all’ospedale di Codogno, ma il Tribunale di Lodi con sentenza del 20 dicembre 2006 ha respinto le mie richieste ritenendo che tutto era caduto in prescrizione. Allora ho presentato ricorso in Corte D’Appello a Milano: altro tempo, altre indagini. Adesso da qualche mese mi ha teso una mano il direttore dell’Asl di Lodi, Emilio Triaca che ha preso davvero a cuore la mia situazione. L’ingegnere Triaca, agendo in qualità di commissario liquidatore delle soppresse Ussl da cui dipendeva l’ospedale di Codogno ha ottenuto l’ok dalla Regione per risolvere il mio caso. Ora siamo proprio vicini alla conclusione: sto per ricevere un assegno o un bonifico».
Cosa rimpiange?
«Ho tantissimi rimpianti. La mia vita è stata rovinata. Più di ogni cosa rimpiango la perdita della cascina “Speranza”. Era il mio rifugio nel verde appena alla periferia di Codogno. La banca mi ha dato lo sfratto perchè non sono più riuscito a corrispondere le rate del mutuo. Però ho qualche sassolino nella scarpa e continuo a pensare a quella cascina che è ancora disabitata». Pietro Troianello