2009-12-05
di GUIDO BANDERA
— LODI —
C’È QUALCOSA di pagano dietro un culto profondamente cristiano. Un’eco lontana legata ai ritmi eterni della vita dei campi, regolata dalla cadenza eterna delle stagioni.Santa Lucia, martire cristiana del Quarto Secolo, ha nel nome (e nella data della festa nel calendario) l’origine stessa del suo culto, che nulla ha a che fare con la storia vera della sua vicenda. Eppure, diciassette secoli dopo la sua morte, Santa Lucia, siciliana, martirizzata a Siracusa, è uno dei simboli della spiritualità del Nord. La sua festa, lungo tutto l’asse della via Emilia, da Lodi fino alla Romagna, è legata alle brume di dicembre, ai giorni di ferma dell’agricoltura, alle fiere, all’anticipo del Natale per i bambini. Lodi, lontana in questo dalla tradizione della diocesi milanese, più vicina alle comunità che vivono attorno al Po, ne fa il giorno di festa che anticipa il Natale.

NELL’IMMAGINE dei bambini, prima della comparsa di quel Babbo Natale paffuto figlio della pubblicità, è la Santa, non il Bambino, come a Milano, a portare i doni, in groppa a quell’asinello al quale i genitori e i figli, premurosi, lasciano qualcosa di cui sfamarsi sul davanzale della finestra. La storia originale, di certo, è ben lontana dalla nostra nebbiosa tradizione. Lucia sarebbe stata una giovane orfana, nata in una famiglia patrizia dell’ex colonia greca Siracusa. La mamma, malata gravemente, la condusse in pellegrinaggio sulla tomba di Sant’Agata, patrona di Catania. Una visione, un sogno forse, e Lucia ricevette da Sant’Agata una profezia: sarebbe diventata patrona di Siracusa. Tornata nella città natale con la madre, miracolosamente guarita, rifiutò il matrimonio. Il promesso sposo la denunciò come cristiana. Sul trono dell’impero romano sedeva in quegli anni Diocleziano, il cesare nato sulle sponda dell’Adriatico che oggi definiremmo «slava». Uno dei più accaniti persecutori dei cristiani. Torture, tormenti non le valsero mai l’abiura alla fede - narrano le agiografie -. La morte, stando alla tradizione, avvenne per decapitazione. Eppure, nei quadri, nelle immagini che ritraggono Santa Lucia nelle chiese di ogni parte d’Italia, immancabile è la rappresentazione della santa con gli occhi sul piatto, su un ramo o nelle mani. Quasi a identificare come spesso accade il crudele supplizio cui la martire sarebbe stata sottoposta. Ma non esiste traccia di questo speciale e cruento martirio prima del Rinascimento. Probabilmente, l’unica cosa che unisce Santa Lucia, protettrice della vista, agli occhi è il nome stesso. Lucia, come protettrice della luce degli occhi. Come spesso accade per le festività religiose, anche quella dedicata a Santa Lucia, nei secoli, ha sopperito alla necessità del cattolicesimo, trasformato in religione dominante, dopo l’editto di Milano, sempre nel Quarto Secolo dopo Cristo, di soppiantare le festività pagane nel cuore e nelle abitudini del popolo. Non a caso, in accordo proprio con l’etimologia della parola Lucia, la santa viene festeggiata nel giorno tradizionalmente definito «il più corto dell’anno», il 13 dicembre. Un tempo, infatti, il solstizio d’inverno cadeva esattamente il 13 dicembre. Questo secondo il tradizionale calendario antico, precedente al 1582, quando fu introdotto il calendario moderno. In quella data, la riduzione progressiva delle ore di luce durante il giorno, si inverte. Una svolta, nella vita legata ai ritmi del sole, condotta senza l’ausilio della corrente elettrica. Così, nel cuore dell’inverno, il giorno di Santa Lucia era anticipo, promessa della primavera che sarebbe sbocciata solo molti mesi più tardi. è qui che nasce la tradizione della veglia, oggi trasformata in notte bianca. Con l’introduzione del calendario moderno, il solstizio cade dieci giorni più tardi. A pochi giorni dal Natale, festa anche per i pagani, che dedicarono il 25 dicembre al culto del dio Sole.