Delitto di Pordenone, "Giosuè temeva una denuncia, uccise per salvare la carriera"

A Udine requisitoria del pm sul duplice delitto

Teresa Costanza e Trifone Ragone furono freddati a colpi di pistola nel parcheggio del palasport di Pordenone

Teresa Costanza e Trifone Ragone furono freddati a colpi di pistola nel parcheggio del palasport di Pordenone

Lodi, 20 ottobre 2017 - «Ruotolo ha ucciso perché temeva di essere denunciato da Trifone». È questo il movente che, secondo il pm Pier Umberto Vallerin, spinse il 28enne militare campano a compiere il duplice omicidio della lodigiana Teresa Costanza e del commilitone Trifone Ragone, uccisi il 17 marzo 2015 nel parcheggio del palasport di Pordenone. È cominciata ieri (si concluderà oggi con le richieste di pena) la requisitoria nel processo, in Corte d’assise a Udine, a Giosuè Ruotolo. Avvalendosi di un grafico temporale, il pm ha ripercorso le tappe del rapporto tra vittima e imputato, inizialmente di amicizia e poi progressivamente deteriorato fino a quando, nel febbraio 2014, al rientro dall’operazione “Strade sicure”, Giosuè e gli altri due coinquilini che dividevano l’appartamento a Pordenone con Trifone iniziarono a pensare di trasferirsi per le tensioni della convivenza.

L'accusa ha citato le testimonianze raccolte in aula e i messaggi scambiati tra i protagonisti, poi il pm si è soffermato sui messaggi Facebook inviati dal profilo “Anonimo anonimo” a Teresa che «diedero un duro colpo alla relazione tra lei e Trifone». «La condotta di Ruotolo arrivò a un passo dal far rompere il fidanzamento – ha spiegato il pm –. Trifone volle capire la provenienza di quei messaggi. Presto i suoi sospetti si concentrarono su Ruotolo e sulla sua fidanzata, Maria Rosaria Patrone. Una situazione che avrebbe esposto Ruotolo al rischio di essere denunciato, rischio che non poteva permettersi di correre per non compromettere la sua carriera». Intanto, l’avvocato Roberto Rigoni Stern, difensore di Ruotolo, è sempre più convinto dell’innocenza del suo assistito. «Di sicuro il movente del delitto non possono essere certamente dei dialoghi e discussioni avvenuti otto mesi prima del delitto. Nel processo è emerso che tra Trifone e Giosuè non ci sono mai state liti».