I migranti di Brembio: noi trattati come schiavi. E la Prefettura annuncia indagini

Accuse choc dagli ospiti di Brembio in una lettera alla Palmisano

La struttura di Brembio (Cavalleri)

La struttura di Brembio (Cavalleri)

Brembio, 10 agosto 2017 - "Siamo trattati come schiavi". È il duro sfogo di alcuni migranti del centro di accoglienza di Brembio che il 31 luglio scorso hanno inviato una lettera al prefetto Patrizia Palmisani. Da quando a gennaio è cambiata la società che li gestisce, la situazione è diventata insostenibile. I richiedenti asilo lamentano porzioni di cibo troppo piccole, di avere a disposizione pochi vestiti (quasi mai cambiati da quando è subentrata la Paradiso srl) e di continue minacce da parte degli operatori. Di notte, poi, il contatore dell’elettricità viene chiuso, non c’è più luce nè acqua calda per ore, e viene riattivata attorno alle 8 del mattino. Tutte queste ragioni hanno condotto una quarantina di migranti a firmare una lettera (che è stata scritta insieme all’insegnante del corso di italiano) e inviata alla Prefettura. Una decisione drastica per chiedere un intervento immediato delle istituzioni.

"Sono stato tre mesi nella struttura di Terranova dei Passerini, ma la situazione non era come qui: ogni giorno c’è un problema e veniamo trattati come bambini. Chiediamo di essere trasferiti da questo posto", racconta uno dei senegalesi ospiti del campo di Brembio. Nel complesso abitativo, in pieno centro, vivono da oltre un anno 80 richiedenti asilo provenienti da Gambia, Ghana, Senegal, Nigeria, Bangladesh e Pakistan. La gran parte sono uomini, circa un ventina le donne. Vivono in piccoli appartamenti da sei persone, dormendo in letti a castello. A scatenare le tensioni nella struttura è soprattutto il problema legato al cibo. Secondo quanto raccontato dai migranti ogni giorno la Paradiso srl fornisce per 10 giovani adulti: quattro cipolle, cinque patate, un chilo di pasta, un chilo di riso, due litri di latte, una bottiglia di passata di pomodoro, due peperoni, a volta un melanzana e un barattolo di fagioli, due piccoli polli. Ogni due giorni viene aggiunta una bottiglia di olio e ogni tre giorni viene dato un chilo di zucchero e una confezione di tè. Troppo poco.

"Il cibo che riceviamo ogni giorno è scarso – racconta Ibrahim, che ha 25 anni ed è originario del Senegal – spesso dobbiamo saltare il pranzo e limitarci a mangiare una volta al giorno". Appena fuori dalla palazzina di Brembio, per strada, alcuni migranti ci raccontano dei problemi nella struttura. Come quella dell’unica lavatrice funzionante nella struttura da 80 persone e la decisione di uno degli operatori di togliere le porte interne (tranne quella del bagno) per poter controllare, anche in piena notte, chi è in struttura. "Abbiamo orari rigidi per chiedere il necessario per lavarci e se per caso andiamo a chiedere pochi minuti prima dello scadere del tempo, ci viene negato a male parole – spiega un 29enne del Gambia – chi non si reca in tempo a firmare la sua presenza, perché malato, a scuola o perché trova l’ufficio chiuso, non riceve il pocket money di quel giorno. In alcuni appartamenti la tv non funziona e in nessuno c’è il wi-fi. Per molti è un problema perché non è possibile così parlare con la propria famiglia che è lontana". Nella lunga lettera inviata al prefetto di Lodi, i migranti raccontano anche di una drammatica vicenda che vedrebbe protagoniste due ragazze del centro, "forzate ad abortire da uno degli operatori". Sulla vicenda sta indagando la prefettura. "Abbiamo chiesto informazioni alla struttura e a breve faremo un sopralluogo – spiega il capo di Gabinetto, Francesco Ramunni – qualora le lamentele risultassero fondate prenderemo provvedimenti a carico della struttura, qualora infondate sanzioneremo i denuncianti".