Tavazzano, 16 giugno 2014 - Mercoledì un’altra famiglia con figli piccoli rischia lo sfratto. L’ennesima, nel Lodigiano. Hamid Ettoufi, moglie e due figli di 10 e 5 anni, ha sempre lavorato. È in Italia da dieci anni, i primi otto passati a lavoro nei cantieri edili. Poi è arrivata la crisi, a spazzare via le certezze.

«Ho perso il lavoro, per più di un anno sono rimasto a casa — racconta —. Da un mese, ho trovato un contratto a tempo determinato in una ditta di Codogno. Speriamo mi confermino». Nel frattempo, senza lavoro Hamid non è più riuscito a pagare l’affitto, dall’aprile del 2013. E il tribunale ha disposto lo sfratto esecutivo. L’ufficiale giudiziario busserà alla sua porta dopo domani alle 9. E il suo incubo è di perdere i figli.

«A Tavazzano un’altra famiglia verrà buttata sulla strada, la serratura cambiata, i mobili accatastati in deposito, i figli e la madre magari accolti in case rifugio, mentre il padre dovrà arrangiarsi in auto — denuncia l’Unione inquilini di Lodi —. Il sindaco e le strutture comunali esprimeranno il loro dolore e la loro impotenza, data la mancanza di alloggi e le scarse risorse, le forze dell’ordine vigileranno affinché lo sfratto sia eseguito nel massimo ordine. La colpa della famiglia è di avere perso il lavoro e la possibilità - non la voglia - di pagare l’affitto, che hanno sempre pagato, anche se all’inizio “in nero”».

Per l’Unione inquilini, «assisteremo a una crescita di questi casi, dovuta da una parte alla crisi, dall’altra dall’incapacità delle istituzioni di farvi fronte: i Comuni sono lasciati soli davanti al dramma, l’Aler è preda della follia di pretendere che l’edilizia pubblica si sostenga con i soli introiti degli affitti, la Regione non stanzia un euro per gestione, costruzione o ristrutturazione delle proprie case, tribunale e prefettura sembrano ciechi». La ricetta? «Stato e Regione finanzino un piano casa straordinario, capace di costruire o recuperare centinaia di alloggi — incalza l’Unione inquilini —. Il prefetto faccia ripartire il tavolo sugli sfratti, costruendo con enti locali, tribunale, associazioni, “percorsi protetti” che impediscano alla gente di trovarsi per strada».

di Fabrizio Lucidi
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