Lodi, 8 maggio 2014 - Quattro anni di carcere con l’accusa di omicidio colposo e l’aggravante della guida in stato d’ebbrezza. Una condanna che avrebbe superato i sei anni, se l’imputato non avesse scelto di ricorrere al rito abbreviato, formula che garantisce lo “sconto” di un terzo della pena. Ieri mattina si è chiuso il primo capitolo della vicenda che ha sconvolto per sempre la vita della famiglia di Altea Trini, 17enne scout uccisa l’11 novembre 2012 da un imprenditore milanese ubriaco al volante del suo Suv Range Rover Evoque. Altea stava facendo un’escursione in bici con amici, quando è stata falciata. Ieri mattina l’imputato, il 57enne G.S., padre di famiglia, si è presentato di fronte al giudice per l’udienza preliminare.

Il giudice ha bocciato la tesi del pubblico ministero Sara Mantovani che, tenuto conto delle attenuanti generiche e del risarcimento già versato dall’assicurazione alla famiglia della vittima, ha chiesto una condanna di 2 anni e 8 mesi. A distanza di quasi due anni da quella maledetta domenica pomeriggio del novembre 2012, nessuno dei familiari di Altea ha voluto commentare la vicenda.

La tragedia si è consumata in pochi istanti: la ragazza era in bici una quindicina di scout lodigiani, stava attraversando la strada Sordio-Bettola per raggiungere il centro abitato di Casalmaiocco e tornare verso Lodi. Durante l’attraversamento, però, sulla comitiva è piombato il potente suv in arrivo da Dresano, che si stava dirigendo verso la via Emilia. L’urto è stato tanto violento che il parabrezza e il cofano del veicolo sono andati distrutti, e la ragazza scaraventata lontano oltre dieci metri. Gli esami tossicologici fatti sull’uomo un’ora e mezzo dopo, all’ospedale Maggiore di Lodi, hanno rilevato un tasso etilico nel sangue intorno a 1,5 grammi/litro. La sentenza del giudice non soddisfa la difesa dell’imputato, che assicura il ricorso in appello.

«La pena è troppo severa — protesta l’avvocato dell’automobilista, Luigi Vanni del Foro di Milano —. Abbiamo contestato al giudice le modalità che con le quali sono stati fatti gli esami del sangue al nostro assistito. Un nostro consulente tossicologo ha rilevato lacune nella metodica d’analisi ematica. Inoltre, viene contestata una velocità superiore ai 100 all’ora, ma non ci sono conferme dai periti. Per questo ricorreremo senza dubbio in appello».