Corte Palasio (Lodi), 12 marzo 2014 - Sei immagini pedopornografiche memorizzate e altre 134 cancellate. È ciò che gli investigatori avrebbero trovato nel suo computer e che gli sono costate il patteggiamento per possesso di materiale pedopornografico. Don Giampiero Bracchi, 57 anni, nato a Sant’Angelo Lodigiano ed ex parroco di Corte Palasio, nell’aprile 2008 aveva già patteggiato la pena di due anni di reclusione per atti sessuali con un ragazzino di 15 anni. Una sentenza che aveva spinto la Diocesi di Lodi a decidere di fargli passare un periodo di “isolamento” al Pime di Milano (Pontificio istituto missioni estere) e poi a trasferirlo in una casa di Zinasco vecchio, nel Pavese, dalla quale ogni tanto il sacerdote si spostava per sostituire i preti assenti nelle parrocchie della zona. 

Ma il parroco ieri mattina ha patteggiato davanti al giudice Luigi Riganti del tribunale di Pavia a quattro mesi di reclusione e al pagamento di 1.200 euro di multa, poi convertiti in una pena pecuniaria di 31.200 euro totali, per detenzione di materiale pedopornografico. Gli investigatori avevano trovato nel suo computer portatile sei immagini raffiguranti minorenni in pose considerate inequivocabili e tracce di altre 134 fotografie che erano state cancellate dalla memoria del computer.

L’inquietante scoperta era stata fatta nel 2012 quando gli investigatori avevano perquisito l’abitazione dell’allora parroco di Mezzano, frazione di Travacò Siccomario, in provincia di Pavia. Il prete nel 2009 era stato assegnato alla piccola parrocchia dal vescovo di Vigevano, monsignor Claudio Baggini, dopo che il don era stato allontanato dalla diocesi di Lodi. L’indagine era partita perché alcuni abitanti del piccolo Comune pavese avevano detto di aver visto don Bracchi in auto insieme a un ragazzo che faceva il chierichetto in parrocchia e che aveva appena dieci anni. Considerati i “trascorsi” del prete e visto che da qualche tempo in paese alcuni genitori si lamentavano per il linguaggio troppo scurrile utilizzato dal parroco davanti ai ragazzi dell’oratorio, la polizia locale di Travacò Siccomario aveva cominciato a indagare e aveva poi passato gli atti alla procura di Pavia. Ma la voce aveva cominciato a spargersi in paese.

Il clamore scatenato dalla vicenda, amplificato anche da una dura lettera aperta scritta dall’ex parroco di Travacò, don Pietro Gariboldi, aveva poi costretto la diocesi di Vigevano a prendere una decisione drastica. Ancora una volta, però, invece di allontanare il prete dalla vita ecclesiastica si era preferito trasferirlo un’altra volta, assegnandolo all’ospedale “San Martino” e alla Casa di riposo Fondazione istituzioni riunite di Mede, sempre in provincia di Pavia ma in Lomellina. Poi, l’ennesimo spostamento: da novembre, infatti, don Bracchi ha cominciato un percorso di cura al presidio criminologico territoriale di Milano. Ieri per tutta la giornata non è stato possibile contattare l’avvocato difensore del sacerdote, Mario Zanchetti, del foro di Milano.