Merlino, 9 febbraio 2013 - L’architetto Serena Righini, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, aveva ideato e steso, con la collaborazione di Luca Bertoni, il primo Protocollo della Legalità, un vero e proprio «patto antimafia» che premia con un aumento di volumetrie i costruttori privati disposti a sottoporsi ai rigidi controlli antimafia già presenti nel settore pubblico. Oggi Righini è tra le firmatarie di un appello ai candidati regionali (www.eddyburg.it ) sui temi urbanistici affinché venga invertita la tendenza al consumo di suolo (nel periodo 1999-2004 il territorio urbanizzato è cresciuto a ritmi di 13 ettari al giorno).

Righini, la Regione potrebbe fare proprio il “suo” protocollo antimafia?
«Potrebbe adottarlo ma anche fare di più: rifacendo la normativa urbanistica regionale, l’ente ha il potere di rendere obbligatori per legge i controlli antimafia anche nel settore privato senza dover premiare alcuno con gli incentivi».

Voi contestate la legge regionale 12/2005. Perché?
«Tutto ha avuto inizio quando lo Stato ha delegato l’urbanistica alle Regioni. La Lombardia, in nome di semplificazione e deburocratizzazione, ha di fatto legalizzato una progressiva deregolamentazione che ha portato a una ‘urbanistica ‘contrattata’. La supremazia della discrezionalità si è dimostrata una decisione inadeguata e dannosa, come dimostrano tante inchieste giudiziarie in corso. La mafia, anche in Lombardia, ha sempre investito o riciclato soldi nel ciclo del mattone».

Ma il vero ‘circolo vizioso’ che denunciate è quello degli oneri di urbanizzazione...
«Di fatto, amministratori più o meno consapevoli, in questi anni hanno aumentato le aree di espansione per sanare i bilanci. Oltre a ciò, gli oneri sono inadeguati: infatti se nell’immediato un ente deve fare strade, fognature, illuminazione, nel lungo periodo dovrà provvedere anche a scuole, trasporto pubblico, nuovi servizi, e sarà in difficoltà».

Nell’appello chiedete di “restituire alle province poteri pianificatori”. Dunque sì alle province?
«Dal punto di vista urbanistico, la dimensione ottimale di programmazione è quella provinciale. La collocazione di poli industriali e commerciali non può essere lasciata ai singoli Comuni, legati agli oneri di urbanizzazione, come accaduto finora. Oggi le Province hanno piani di coordinamento che però definiscono più che altro ambiti agricoli o a verde e i Comuni possono agire in deroga».

Uno degli strumenti che criticate è anche la Vas, Valutazione Ambientale Strategica. Perché?
«Introdotta dall’Unione Europea, è diventata un mero passaggio burocratico. Tu imprenditore comprometti nuovo suolo? Invece che valutare l’effettiva opportunità basta che, a risarcimento, pianti alcuni alberi...».
laura.debenedetti@ilgiorno.net