Lodi, 10 maggio 2011 - «El fer l’ha da vess trattaa come una sciora». Così Alessandro Mazzucotelli spiegava il segreto della sua arte. E davvero l’artista - lodigiano di nascita e milanese d’adozione - trattava il ferro battuto
come una signora, trasformandolo in fiori e volute eleganti secondo i dettami dello stile Liberty, in voga tra la fine delXIX secolo e l’inizio del XX.

Difficile, passeggiando per le strade di Milano, non notare le opere del maestro lodigiano: le inferriate alle finestre, i decori di un cancello, il corrimano di uno scalone. Mazzucotelli, il re del dettaglio, il principe del Liberty italiano, nacque a Lodi il 30 dicembre 1865, in una famiglia originaria della Valle Imagna, nella Bergamasca. Imparò il mestiere di fabbro in via Manuzio a Milano, alla bottega di Defendente Oriani, laboratorio che poi rileverà nel 1891 trasferendolo successivamente in via Ponchielli e poi in Bicocca. Rapidi i passaggi che lo portarono a diventare collaboratore di architetti star dell’epoca come Giuseppe Sommaruga e Gaetano Moretti: Camillo Boito, fratello del librettista Arrigo, fece da “talent scout” e lo introdusse agli ambienti giusti. «Mazzucotelli e Sommaruga avevano gusti simili— racconta il professor Valerio Terraroli, docente di Storia dell’Arte moderna e contemporanea all’Università di Torino, collaboratore della professoressa Rossana Bossaglia, grande studiosa di Mazzucotelli —. Nei loro lavori c’è armonia tra la costruzione dell’edificio e i dettagli in ferro battuto».

Un esempio di questo connubio è Palazzo Castiglioni, in corso Venezia 47 a Milano. Il
cancello posteriore, lo scalone d’onore, i lampadari e le grosse api che decorano l’estremità superiore dell’edificio, sono tutte opere del Lodigiano. Non stupisca la scelta di decorare un palazzo con degli insetti di ferro: «Lo stile Liberty si ispira alla natura, rappresentandola non in maniera descrittiva, ma evocativa, attraverso
linee morbide e sottili», spiega Terraroli. Tutto questo per «la ribellione all’architettura dell’epoca che prediligeva uno stile “antico”. L’influenza arrivò anche dalle stampe giapponesi portate in Europa per la prima volta», sottolinea il docente. Fonte d’ispirazione per Mazzucotelli, che riusciva a far sembrare leggero un materiale
come il ferro: «Era la sua abilità — prosegue il professore —. Si pensi alla Lampada delle libellule, o al Cancello delle farfalle in via Ausonio 3, a Milano».

Le farfalle decorano anche «i balconi in via Garibaldi 17 — 19 a Lodi», racconta Grazia Ottobelli, ex docente di storia agli istituti Bassi e Gandini, che ha scritto il libello Lodi in liberty, primo studio sulla presenza dello stile artistico nel capoluogo. Anche Lodi si lasciò travolgere dalla moda e dal gusto del tempo: «Mazzucotelli conosceva dei lodigiani illustri — spiega la professoressa —, una nuova classe dirigente di spirito giolittiano (ispirata a Giovanni Giolitti, ndr), che guardava alla modernità e al progresso». E che, ovviamente, amava la moda. Ottobelli spiega che «Mazzucotelli fece i lampadari sotto al portico del Broletto, curò l’interno della Banca
Popolare in via Cavour» e poi balconi e cancelli, da via Gaffurio a corso Umberto. Ma non solo.

Mazzucotelli curò i dieci cancelli del Teatro Nazionale di Città del Messico e decorò i palazzi costruiti a Bangkok, in Thailandia, da Annibale Rigotti. Morì nel 1938, in una Milano da sogno, che ancora oggi, tra luci scintillante e traffico caotico, lascia intravedere qualche farfalla.