Lodi, 10 maggio 2011 - La direzione distrettuale Antimafia indaga da almeno tre mesi sulla catena di roghi appiccati agli impianti di trattamento rifiuti sparsi nel Lodigiano. E ora siamo alla svolta. Secondo indiscrezioni, infatti, c’è il primo nome iscritto sul registro degli indagati per gli incendi che hanno provocato milioni di euro di danni e hanno svelato in modo definitivo la forza degli “appetiti” economici attorno al business d’oro dei rifiuti.

«Le indagini ci sono, stiamo lavorando, non possiamo dire altro», ripetono dagli uffici della Direzione distrettuale Antimafia di Milano. Ma due fonti indipendenti fra di loro confermano ciò che non si vuol dire - ancora - ufficialmente. E cioè che le indagini degli investigatori convergono sul nome di un imprenditore. Che, probabilmente non ha fatto tutto da solo. E, pur sapendo che stava rischiando, non si è fermato né di fronte ai sospetti né di fronte alle polemiche scatenatesi a livello politico. Ed è tuttora irrealizzata la proposta di installare impianti di videosorveglianza in ognuno degli impianti di trattamento e smaltimento rifiuti della provincia.

L’elenco degli incendi appiccati, infatti, è lungo. E, se non si vuole andare troppo lontano nel tempo, basti pensare che la serie terribile è cominciata a inizio ottobre con l’incendio di un mezzo per la raccolta dei rifiuti dell’azienda Pulieco, a Ospedaletto Lodigiano. Il 9 ottobre 2010 il fuoco ha devastato il capannone della società Lodigiana Ambiente di Ospedaletto (danni per 2 milioni di euro).

Il 24 novembre a fuoco è andata una parte dell’impianto di compostaggio della ditta Fergeo, a Boffalora d’Adda. Domenica 28 novembre è stata la volta delle attrezzature custodite all’interno dell’impianto di Coste Fornaci, nel territorio di Casalpusterlengo. Lunedì 29 novembre distrutto un container nella piazzola ecologica di Lodi Vecchio, in via Martin Luther King. Poi - dopo qualche settimana di pausa - il 9 aprile è toccato alla Lodigiana Maceri di Marudo.