Marudo, 12 aprile 2011 - Nonostante i suoi 1.600 residenti, Marudo sta fronteggiando al meglio l’emergenza provocata dall’incendio nell’azienda Lodigiana Maceri. Domenica, ieri e la notte scorsa, i vigili del fuoco del Comando provinciale di Lodi e i volontari dei distaccamenti e comandi vicini hanno continuato a bagnare i rifiuti carbonizzati, lo scheletro dei due capannoni incendiati e la parte di tetto in amianto. Li ha rifocillati il Comune che ha aperto un conto al bar trattoria di piazza IV Novembre: panini, piadine e bibite gratis per sopportare meglio il duro lavoro.

Lì di fronte, per tutto il tempo, i mezzi dei pompieri hanno prelevato acqua da un idrante e fatto la spola. I focolai hanno resistito a lungo, anche perché negli stabili andati in fumo era impossibile entrare a smassare i rifiuti. Intanto le ruspe della ditta Edilmal di Sant’Angelo hanno aiutato a rimuovere i resti del rogo e sono stati riempiti decine di cassoni dislocati nel piazzale di fronte.

Per agevolare le operazioni, la Protezione civile ha mantenuto sbarrato l’accesso dalla strada provinciale 123, che è stata riaperta solo oggi per far tornare al lavoro - dopo un giorno di fermo - i dipendenti delle vicine ditte Giannoni e MZ. Il sindaco Claudio Bariselli, ieri sul posto con l’assessore Cristiano Sangalli e il geometra del Comune Emilio Boriani, ha spiegato: «I residenti di via Manzoni evacuati sabato sono rientrati in casa domenica sera. Per la loro salute non ci sono problemi, anche se all’aperto è meglio camminare dotati di mascherine perché resta un po’ di fumo».

Così le case, abbandonate in fretta, con i cancelli aperti e le ante chiuse per evitare entrasse troppa fuliggine, si sono lentamente rianimate. Due residenti, una donna e un uomo, fermi a guardare le operazioni col viso nascosto dietro una mascherina e gli occhi sconsolati, ieri mattina hanno spiegato: «Io ho un figlio di due anni e per ora non mi sono sentita di tornare».

Tutti si sentono provvisori. «Siamo a casa fino a nuovo ordine, non si sa mai. Esterni anneriti, ma a casa nostra nessun altro danno, a parte i disagi per l’improvviso allontanamento». Svanita la fitta nuvola di fumo nero che sabato era visibile a 40 chilometri di distanza, l’aria è rimasta irrespirabile. Dall’azienda andata distrutta, «con danni per milioni di euro ancora da quantificare», come spiega il presidente della Provincia Pietro Foroni, ieri usciva ancora fumo. Intenso l’odore di rifiuti carbonizzato proveniente dai cumuli di macerie e dagli ormai 20 centimetri d’acqua calpestati dalle squadre al lavoro con ruspe, autopompe e autobotti.

«Sono stati bravi a tener bagnato il tetto di amianto — dice Foroni — e il vento ha fatto la sua parte allontanando la nube. Tuttavia, per sicurezza, Arpa e Asl continueranno con i campionamenti e presto ci daranno risposte. Al momento nessun pericolo per la salute. Anche gli intossicati stanno bene e si sta bonificando». Flaminio Di Girolamo, direttore dell’Arpa, aggiunge: «I tempi di spegnimento, rispetto alle previsioni, si sono ridotti. Però è stato prodotto tanto fumo, stiamo facendo campionamenti in più punti. Per ora tutto negativo, pare esclusa la presenza di diossine e fibre di amianto».

I tecnici della ditta Aboneco di Parona, hanno bonificato prima via Manzoni, poi, casa per casa, i giardini: «Stiamo usando una sostanza vilavinica azzurra, collante, che blocca le fibre volatili presenti nell’aria e sugli oggetti. Questo per poi aspirare il tutto, con filtri. Stiamo trovando grandi quantità di fibre che poi mettiamo in “big bag”, sacchi che contengono un metro cubo di materiale e vanno smaltiti. Abbiamo iniziato domenica alle 14.30, ci ha incaricati la Lodigiana Maceri», spiega uno dei titolari Massimo Sommi. Il sindaco ringrazia «la protezione civile per la costante presenza in via Leopardi, dove è stata allestita la tenda campo base. Presto i vigili del fuoco faranno le verifiche di stabilità sulla ditta e sarà deciso se abbattere tutto o no».