"Ogni notte qui diventa un inferno": il grido degli abitanti della Selvagreca

Viaggio nel quartiere lodigiano che ospita la struttura di accoglienza per profughi, tra liti, risse e paura

Dentro una delle camere dei profughi

Dentro una delle camere dei profughi

Lodi, 1 luglio 2015 - "Abbiamo sentito le urla, le botte, è stato tremendo. E ogni notte qui va sempre peggio". Saranno gli spazi piccoli e sovraffolati forse, o magari la convivenza di culture e popoli diversi, che non sempre riescono a scendere a compromessi. Ma di sicuro la situazione in via Selvagreca, dove sono ospitati circa 45 profughi dal consorzio Area solidale Onlus, sta iniziando ad assumere i contorni dell’emergenza. Negli ultimi giorni sono state diverse le segnalazioni alle forze dell’ordine, in un quartiere che, raccontano i residenti "un tempo era tranquillo e silenzioso". Oggi invece la situazione sembra molto cambiata. I residenti si dicono stanchi di non dormire la notte per le urla e le continue discussioni, preoccupati dalla sporcizia e dal degrado che arrivano da quella struttura, dove spesso i rifiuti vengono gettati giù dalla finestra attirando topi e animali, ma anche spaventati, per le continue liti che soprattutto dopo il calar del sole squarciano il silenzio della notte come un temporale estivo.

"La scorsa settimana stavo uscendo per andare in ospedale, dove lavoro – racconta Roberto Serdino, che abita proprio davanti alla casa dei profughi –. Ho aperto il cancello, non ho nemmeno fatto tempo a salire in macchina che mi sono trovato un nigeriano che mi vomitava in cortile, ubriaco. Gli ho chiesto di andar via, dopo un po’ ne sono arrivati altri. Il problema è che nessuno parla una parola di italiano e non sai mai come potrebbero reagire, soprattutto da ubriachi". E spesso nemmeno chiamare le forze dell’ordine aiuta. "Ogni volta che ci proviamo – aggiunge Renata Luintisi – ci dicono che hanno già una pila di segnalazioni, e quando anche esce una pattuglia si limitano a fermarsi e ripartire dopo pochi minuti, senza nemmeno entare". Un po’ come è successo soltanto sabato scorso: "Mi sono svegliata con quelle urla nelle orecchie – ricorda Maria Grazia Ferrari, che abita nella casa affianco alla struttura –, avevo i brividi ma mi sono comunque affacciata e ho visto un gran trambusto. Da quanto abbiamo capito un uomo ha picchiato sua moglie, o fidanzata, non sappiamo, che era pure incinta. Sono arrivate le sirene, polizia e ambulanza, e hanno portato la giovane di colore in ospedale". Poi? "Poi niente, come al solito – continua, abbassando lo sguardo –. Dopo il viaggio in ospedale abbiamo visto la giovane rientrare in casa, come se non fosse successo nulla. Mi chiedo che vita facciano queste persone in quella casa".

Ma all’ordine del giorno si pone anche un problema strutturale: "Quella era una casa abitata da cinque persone, ora ce ne sono più di 40 – raccontano ancora i residenti –. I letti sono quasi tutti al piano di sopra e c’è una sola via di fuga. Ma in caso di incendio che succederebbe? Non c’è nemmeno un’uscita di emergenza da cui scappare, o una scala antincendio. Questa non è accoglienza, se non c’è alcuna sicurezza". Dal canto suo invece la cooperativa fa sapere che, sebbene ci sia una sola via di fuga dal piano superiore, la struttura è stata dichiarata a norma proprio dai vigili del fuoco.