Maestri da rileggere. Di scuola e di vita

Maestri. Di scuola e di vita. Persone da cui imparare regole e diritti, il piacere di scoprire e di sapere, la bellezza e la responsabilità della conoscenza di ANTONIO CALABRO'

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Milano, 29 maggio 2016 - Maestri. Di scuola e di vita. Persone da cui imparare regole e diritti, il piacere di scoprire e di sapere, la bellezza e la responsabilità della conoscenza. Ognuno di noi ha un maestro nel suo passato, l’autore d’una traccia profonda di sapienza e d’umanità. Bisogna ripensare a lui, e raccontarlo, per farlo rivivere. E ritrovare così le ragioni più profonde di noi stessi. Il tempo. E la civiltà. Lo fa Eraldo Affinati in “L’uomo del futuro”, una biografia redatta con il linguaggio della migliore letteratura, “sulle strade di don Lorenzo Milani”, Mondadori. Perché proprio questo era don Milani: un maestro. Da uomo, da cristiano, da sacerdote. Con una forte vocazione all’insegnamento e, come succede appunto per i maestri migliori, con la capacità di ascoltare e di imparare dai propri stessi allievi. Oltre le aule stesse della scuola, oltre le esperienze dei ragazzi di Barbiana, degli obiettori di coscienza, dei quartieri del disagio sociale: “C’è un punto in cui l’educatore accetta la propria impotenza, esce dal tribunale della storia e torna alla lavagna chinando il capo. Fu in seminario che Lorenzo cominciò a capire come si dovrebbe sentire chi insegna agli adolescenti difficili: un po’ sconfitto, un po’ vittorioso. Non significa forse questo essere padri?”. Tutto questo, di lui, racconta Affinati: la famiglia toscana d’origine, benestante e colta, i conformismi da superare, la vita religiosa e civile da costruire e insegnare, la sfida esistenziale, in relazione con l’esperienza d’un altro grande maestro: don Primo Mazzolari.

Anche Davide Longo, per NNeditore, si mette sulle tracce d’un maestro, “Maestro Utrecht”, uno che “parla ai bambini, conosce gli alberi, disegna gli uccelli e si muove a piedi di paese in paese”, lasciando labili orme del suo passaggio, “come in filigrana”, mentre “anche il suo corpo diventa sempre più esule”. E lì, a Utrecht, luogo chiave della travagliata storia d’Europa, s’imbatte nell’ombra di Stefano M***, un magrissimo italiano morto sotto un ponte. S’intrecciano, quelle storie, di maestro Utrecht, di Stefano e del narratore Longo. E proprio il cercatore assume in sé la lezione di chi sa insegnare e impara a insegnare a noi stessi lettori. La scrittura chiude il cerchio. Servono, i maestri, anche per confrontarsi, ribellarsi, capire l’importanza della dialettica e la bellezza, pur dolorosa, del sapere e potere fare scelte. Per diventare adulti. Proprio oggi che invece rischiamo di vivere in un mondo “Senza adulti”, come recita il titolo del breve, intenso saggio di Gustavo Zagrebelsky pubblicato da Einaudi: “Il tempo presente ha rivoluzionato i rapporti tra le età della vita. Dei giovani è il presente e il futuro. Chi viene dal passato è un intruso. Bisogna prolungare la giovinezza fin che si può e con ogni mezzo. Questa contraddizione annulla l’età matura, l’età della pienezza. Con quali conseguenze?”. D’una caduta, d’una crisi, d’un declino. Non c’è futuro, senza memoria. E proprio a questo servono i buoni maestri: a dare senso all’esperienza, a vivere con consapevolezza la controversa contemporaneità, a progettare il tempo che abbiamo ancora davanti. Dunque, maestri da rileggere. E fare leggere. Come Piero Calamandrei, uno dei “padri” della nostra Costituzione, di cui Chiarelettere pubblica “Lo Stato siamo noi”, un’essenziale antologia di scritti e discorsi, sulle istituzioni, la politica, la Resistenza, la giustizia, la responsabilità morale “verso i giovani”. La prefazione di Giovanni De Luna insiste sui diritti e i doveri civili. Lezione ancora attuale.