Com’era Leo Longanesi. Il ricordo oltre il rito usurato

Settant'anni fa Leo Longanesi fondò la casa editrice che ancora porta il suo nome di GENNARO MALGIERI

Il libro de Il Giorno di Gennaro Malgieri

Il libro de Il Giorno di Gennaro Malgieri

Milano, 20 maggio 2016 - Settant'anni fa Leo Longanesi (1905-1957) fondò la casa editrice che ancora porta il suo nome. L’omaggio della stessa al poligrafo di Bagnacavallo, innovatore del giornalismo italiano, è stato affidato a Pietrangelo Buttafuoco, probabilmente l’ultimo “longanesiano”, che per l’occasione ha approntato un’antologia dal tono irriverente, sarcastico ed ironico spulciando nello scaffale imponente dove riposano le reliquie di Longanesi. Ne è venuta fuori una commedia italiana esilarante e amara al tempo stesso, nella quale i vizi (tanti) e le virtù (pochine) del nostro popolo di eroi, santi, navigatori e opportunisti s’intrecciano magnificamente in una danza soltanto all’apparenza sregolata. In realtà il ritmo è sempre sostenuto dalla stessa musica: la mediocrità di un popolo che, contrariamente a quanto sosteneva Massimo d’Azeglio, non è mai riuscito a diventare una nazione. Longanesi ne era arciconvinto, sia quando si accodava alle celebrazioni dell’Impero “tornato sui Colli fatali di Roma”, sia quando faceva i conti con gli esiti della guerra, la sua condotta, gli inganni dei generali e di una classe dirigente sostanzialmente non all’altezza.

Con i materiali a disposizione, cioè i “misteri” italiani - ora dolorosi, ora gaudiosi, quasi mai gloriosi, se non in apparenza - Longanesi mette in scena un film: almeno questa è l’impressione che ci riporta Buttafuoco nell’originale introduzione al florilegio messo insieme. Ed è un film che non tutti conoscono dal momento che il manicheismo ha impedito per lungo tempo la ricezione della realtà agli italiani stessi. Longanesi fa parlare i fatti, anzi i fatterelli. Gli aneddoti, insieme con i tic e i tabù, la dicono più lunga di quanto ci si illude di trovare nei ponderosi trattati sulle attitudini di donne e uomini scontenti di se stessi perfino quando si dimostrano soddisfatti delle loro gesta perlopiù piccolo-borghesi. E, dunque, cogliendo citazioni come ciliegie dalle opere dell’infaticabile Leo, autentico “carciofino sott’odio”, come diceva orgogliosamente di se medesimo, Buttafuoco non fa altro che restituirci il giornalista, lo scrittore, l’inventore di tipi quale egli fu, al di là del ritualismo celebrativo che ha coinvolto negli ultimi tempi anche coloro che lo avrebbero violentemente avversato. A leggere i “pezzi” tratti dalle opere più conosciute come da quelle dimenticate, infatti, vengono fuori archetipi “universali” la cui attualità è difficile disconoscere, come “gli strani personaggi” che Longanesi incontrava nel 1943 capaci “in questo quotidiano disordine che a poco a poco diventa stabile e prende forma, a costruirsi una posizione”. Non aveva la palla di vetro. Sapeva semplicemente guardare lontano. Fino ai nostri giorni.

Il mio Leo Longanesi a cura di Pietrangelo Buttafuoco, Longanesi