Morti per amianto a Turbigo, pm: "Per ex vertice condanne fino a 8 anni e mezzo"

Nel corso del suo lungo intervento in aula, il magistrato ha puntato l'accento sulla "sistematica violazione delle norme delle norme igienico sanitarie" che, a suo giudizio, ha caratterizzato per decenni la gestione della centrale

La centrale di Turbigo al centro del dibattito

La centrale di Turbigo al centro del dibattito

Milano, 22 novembre 2014 - Condanne fino a 8 anni e 6 mesi di carcere per gli ex vertici Enel. Sono le richieste presentate dal pm di Milano, Maurizio Ascione, al termine della sua requisitoria al processo sulla morte di 8 operai della centrale termoelettrica Enel di Turbigo, in provincia di Milano. Tutti decessi legati, secondo il rappresentante della pubblica accusa, alla presenza di amianto nello stabilimento dove gli 8 operai hanno lavorato tra gli anni '70 e '80.

Nello specifico, il magistrato ha chiesto di condannare a 7 anni Francesco Corbellini, presidente Enel dal 1979 al 1987. La richiesta di condanna più alta riguarda però Aldo Velcich, capo del dipartimento della centrale Enel di Turbigo dal 1973 al 1980: per lui il pm ha chiesto 8 anni e 6 mesi di carcere. E ancora, 5 anni e 6 mesi per l'ex direttore generale di Enel, Alberto Negroni, 4 anni per l'ex responsabile dello stabilimento di Turbigo, Paolo Beduschi. Pene più basse, invece, per gli altri due responsabili di dipartimento: 3 anni per Paolo Chizzolini e 2 anni per Valeriano Mozzon. Tutti imputati per omicidio colposo plurimo che, secondo il pm Ascione, non meritano la concessione delle attenuanti generiche soprattutto per l'atteggiamento reticente e poco collaborativo mantenuto con gli inquirenti sin dalle prime fasi dell'indagine.

Nel corso del suo lungo intervento in aula, il magistrato ha puntato l'accento sulla "sistematica violazione delle norme delle norme igienico sanitarie" che, a suo giudizio, ha caratterizzato per decenni la gestione della centrale di Turbigo. "Un illecito - ha insistito - che parte dai vertici di Enel e che è consistito nella totale disattenzione delle norme a tutela dei lavoratori". Come dire che le responsabilità di quelle morti sospette sono tanto dei vertici aziendali, "diretta espressione del governo", quanto dei direttori dello stabilimento di Turbigo, i quali, secondo la pubblica accusa, "non avrebbero di certo potuto stravolgere regole imposte dalla struttura gerarchica aziendale". Insomma, secondo il pm Ascione c'è stata per decenni "una disattenzione sistematica dei possibili rischi" da parte di un gruppo, l' Enel, che "poteva e doveva conoscere i rischi derivanti dall'esposizione alle polveri amianto e dunque attuare quelv sistema di prevenzione che, già a quell'epoca, il legislatore aveva già messo a disposizione delle aziende. Che l' amianto fosse una sostanza pericolosa - ha detto ancora il magistrato - è una nozione acquisita già da metà del secolo scorso".