Pendolari, non passa la denuncia. Nessun reato per Trenord

Archiviata la class action del Comitato linea S6 di Camilla Garavaglia

Una foto d'archivio di pendolari

Una foto d'archivio di pendolari

Magenta (Milano), 26 luglio 2014 - Legalmente non ha avuto il successo sperato, ma è servita, perlomeno, a riaccendere i riflettori sui disagi quotidianamente subiti - e continuamente segnalati - dai pendolari. La denuncia-querela del Comitato pendolari S6 Milano - Novara contro Trenord è stata ufficialmente archiviata dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) perché, di fatto, il reato non sussiste. Il comitato si è mosso con una class action, una forma di battaglia giuridica che negli Stati Uniti ha avuto molto fortuna nei confronti, ad esempio, delle multinazionali del tabacco, ma che in Italia, va detto, non porta a successi altrettanto frequenti. Già il Pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione della denuncia, presentata dai pendolari l’otto marzo dell’anno scorso, perché «nella querela emergono solo azioni non penalmenti punibili» in quanto «questioni di natura civilistica afferenti la responsabilità del vettore nel trasporto di massa delle persone. Non sono perciò previste ipotesi colpose». 

Amareggiati i pendolari e, con loro, l’avvocato che si è occupata della causa, Raffaella Zamboni: «Visionando il fascicolo del Pm, è emerso che non è stata fatta alcuna indagine dopo la denuncia - spiega la dottoressa Zamboni - tanto è vero che l’unica documentazione prodotta in allegato è stata sempre e solo la class action dell’associazione dei consumatori. Ho fatto presente che per integrare il reato di interruzione di pubblico servizio è sufficiente che l’entità del turbamento della regolarità dell’ufficio o l’interruzione del medesimo, siano stati idonei ad alterare il tempestivo, ordinato ed efficiente sviluppo del servizio, anche in termini di limitata durata temporale e di coinvolgimento di un solo settore. Questo vale anche qualora la condotta non sia intenzionalmente diretta a provocare disagio, come da una precedente sentenza della Cassazione. Perché, allora, Trenord non dovrebbe rispondere del fatto di avere adottato un software senza averlo testato, perseverando nell’uso nonostante l’evidente malfunzionamento e i disagi procurati?». 

La causa portata in tribunale, infatti, fa soprattutto riferimento ai due giorni di caos nel dicembre 2012 quando, per colpa di un problema con il nuovo sistema informatico di gestione dei turni dei ferrovieri, migliaia di pendolari sono rimasti bloccati per ore nelle stazioni della regione intera, e soprattutto nell’affollatissima stazione Centrale di Milano. Quella del Comitato e dei pendolari, ora, è una delusione dovuta anche alla sensazione di essere stati ignorati - visto che il Pubblico ministero non ha ritenuto nemmeno necessario aprire alcuna indagine nè sentire le testimonianze dei viaggiatori - ed essere usciti sconfitti solo perché l’accusato è una società, la Trenord appunto, e non una persona fisica. «Se così fosse stato, invece - si chiede l’avvocato - sarebbe stato diverso? Se si fosse trattato di un pendolare che, stanco delle continue vessazioni, avesse occupato momentaneamente i binari, in quel caso si sarebbe configurato il reato di interruzione di pubblico servizio?». La giustizia ordinaria ha già fatto il proprio corso: a ognuno, adesso la libertà di crearsi una propria opinione in merito alla vicenda.