'Spazio Bianco': il fascino dello sci alpinismo, in viaggio sulle tracce di Paulcke

Una mostra itinerante e un testo che raccolgono le più belle immagini scattate durante il raid scialpinistico effettuato nell'Oberland Bernese dalla Scuola di alpinismo e scialpinismo 'Guido della Torre' di MARION GUGLIELMETTI

'Spazio Bianco'

'Spazio Bianco'

Legnano, 13 novembre 2015 - "Una traccia sulla neve dovrebbe restare tale, qualcosa che il tempo in breve cancella, per non lasciare il segno del passaggio dell'uomo e ricreando così le condizioni vergini per quando qualcun altro affronterà lo stesso percorso". È questo il concetto base dello sci alpinismo secondo Davide Rogora, ideatore di un raid sulle tracce di Wilhelm Paulcke (1873-1949) sui ghiacciai dell’Oberland Bernese che la scuola di alpinismo e scialpinismo “Guido della Torre” (patrocinata dalle Sezioni di Busto Arsizio, Castellanza, Legnano , Parabiago e Saronno) ha intrapreso nella primavera 2015 per festeggiare 40 anni di attività: una mostra fotografica itinerante lo racconta. L'esposizione "Spazio Bianco" ha inaugurato il suo percorso a Busto Arsizio (Museo del Tessile)  lo scorso 17 ottobre per spostarsi poi a Legnano (Famiglia Legnanese) dal 13 al 15 novembre e trasferirsi infine a Bergamo (Palamonti) dal 20 novembre al 15 gennaio.  Rogora spiega che "spesso si esagera con l'uso di mezzi meccanici rischiando di rovinare i luoghi dove ci si trova e soprattutto di non riuscire ad assaporare a pieno quel senso di avventura che deve dare un'esperienza di questo tipo".

Del resto, non capita tutti giorni di trovarsi a così alte quote, in luoghi che sembrano fuori dal mondo. E la sensazione che siano inesplorati amplifica la più piccola delle emozioni. Già Marc Kurz, grande pioniere dello sci alpinismo degli albori del '900 trovava fondamentale questo aspetto e ripeteva: "I miei sci non sono fatti per seguire i sentieri battuti". Di certo per affrontare un raid come quello sull'Oberdan bernese serve una grande preparazione. "I primi due giorni sono stati i più impegnativi - racconta Rogora-  A Oberwald ci siamo trovati bloccati dalla neve. Poi abbiamo trovato un percorso alternativo, più lungo, ma che ci ha permesso di andar avanti con i nostri bagali e non mollare.  E prosegue:  "Affrontando i campi d’alta quota, abbiamo ricordato il racconto di Paulcke. Il pioniere che, per primo, nel 1897 con quattro arditi compagni, dimostrò come lo sci fosse un ottimo strumento di locomozione invernale anche nei territori alpini. E, infine, abbiamo constatato quanto il paesaggio sia cambiato per il fenomeno dello sciogliemento dei ghiacciai". 

La squadra, guidata dai due istruttori nazionali Davide Rogora e Paolo Mainotti e dai tre istruttori Regionale Sandro Pescara, Alberto Borghi e Guido Gagliardi ha portato a termine questa avventura con grande soddisfazione. "Tutti i 17 componenti del team  - ha commentato Rogora - sono arrivati sani, salvi e in ottima forma al villaggio di Fafleralp, là dove il nostro raid si è concluso. Sono stati più di 100 i chilometri percorsi attraversando i ghiacciai, superando selle d’alta quota superiori ai 3000 metri, e 6000 i metri di dislivello positivo". Inusuale il fatti che il gruppo non abbia voluto sfruttare i rifugi alpini come solitamente accade. Tutti hanno bivaccato a stretto contatto con l'ambiente naturale e servendosi di "mezzi leali" che ben caratterizzano un rapporto con la montagna fatto di disciplina , rispetto e tempi non condizionati dalle abituali urgenze. "Si ha una percezione del tempo diversa dal solito - dice Rogora- . In quella settimana abbiamo scelto giorno per giorno i ritmi in base al nostro stato d'animo. Non dovevamo raggiungere a tutti i costi un luogo: avevamo le tende, le provviste e tutto ciò che ci poteva essere utile senza dipendere da qualcosa o qualcuno di esterno".

Al raid hanno partecipato anche due fotografi Claudio Camisasca e Davide Pravettoni. Grazie ai loro scatti è nato un racconto fatto di immagini. Ognuno con il suo occhio, la sua prospettiva, le sue caratteristiche, è riuscito a immortalare in modo molto particolare l'Oberland. bernese. Camisasca e Pravettoni sono  riusciti  a cogliere aspetti diversi dello stesso viaggio, regalando una grande ricchezza alla mostra e al suo catalogo. "Un'esperienza formativa molto importante sotto vari aspetti" , racconta Camisasca. E aggiunge: "Non è stato semplice affrontare tutte le difficoltà del Raid e nel frattempo occuparmi della fotografia, ma spero che questa mostra e questo testo servano a portare in giro la nostra idea di sci alpinismo". "Bisogna imparare a vivere la montagna in modo lento, lasciando meno tracce possibili in modo da dare la possibilità a chiunque di vivere a pieno l'avventura per la quale si è messi in viaggio con gli sci ai piedi". Ma anche la storia è importante.  "Lo sci alpinismo è molto praticato al giorno d'oggi e non credo necessiti di noi per farsi conoscere, però abbiamo voluto porre particolare attenzione al passato, a cui noi alpinisti teniamo molto. E questa volta abbiamo voluto fare una rievocazione storica diversa dal solito, a modo nostro". E le immagini della mostra e del libro che l'accompagna ne sono la prova evidente.

Nel catalogo 'Spazio Bianco. Sulle tracce di Paulcke. Viaggio nella memoria, alle origini dell'alpinismo e sci' (Nomos edizioni, 14,90 euro), però, oltre alle immagini, sono incluse le traduzioni di Clara Mazzi di due importanti scritti di Paulcke: la relazione originale che egli rese della spedizione (testo inedito in lingua italiana) e una disamina retrospettiva sullo stato di sviluppo e diffusione della moderna (nel 1905) tecnica di progressione a sci. E così, ecco che il Raid di Paulcke si trasforma da esperienza personale a racconto per tutti, fatto di informazioni, insegnamenti e curiosità. Ma soprattutto di emozioni, grazie a chi ha voluto ripercorrere e immortalare i luoghi del grande pioniere. Scatti che tolgono il fiato e che rapiscono, cogliendo tutta la forza e la bellezza comunicativa della fotografia.

di MARION GUGLIELMETTI