Legnano, 25 immigrati nella palazzina che custodisce il Carroccio

Ironia della sorte. È proprio la palazzina dell’Amga che per anni è stata la custode del glorioso Carroccio del Palio, quello che a ogni fine maggio sfila in pompa magna assieme al corteo storico, ad avere accolto da tre giorni a questa parte i 25 profughi arrivati dal continente africano a Lampedusa e destinati dalla Prefettura all’Alto Milanese di Ivan Albarelli

Alcuni profughi (Foto Schicchi)

Alcuni profughi (Foto Schicchi)

Legnano, 28 settembre 2014 - Ironia della sorte. È proprio la palazzina dell’Amga che per anni è stata la custode del glorioso Carroccio del Palio, quello che a ogni fine maggio sfila in pompa magna assieme al corteo storico, ad avere accolto da tre giorni a questa parte i 25 profughi arrivati dal continente africano a Lampedusa e destinati dalla Prefettura all’Alto Milanese. Quasi in fondo alla via Quasimodo, fra capannoni e stabilimenti deserti — vuoi perché chiusi per il sabato vuoi perché in vendita — la quiete e un clima estivo creano un’atmosfera quasi surreale all’ingresso dell’edificio disabitato fino a giovedì. Tre giovani di colore seduti fuori in giardino, con una tazza di caffè. E all’ingresso una ragazza della Fondazione Padri Somaschi, la onlus che ha ricevuto dal prefetto di Milano la gestione dei profughi. «No entrare ora non è possibile, stanno dormendo — mette le mani avanti — comunque è stato adattato a dormitorio solo il piano terra, perché quello sopra non è ancora agibile». 

Vitto e alloggio per il momento sono garantiti dalla onlus. I volti dei tre uomini che chiacchierano fra loro all’esterno lasciano trasparire la sofferenza e la stanchezza di chi ha attraversato mezzo continente per approdare in Libia e ha poi affrontato la tragedia di un’attraversata del Mediterraneo, con la morte che incombe come una spada di Damocle. I primi giorni a recuperare il sonno. Ma poi si tratterà di capire come i tre senegalesi, i 21 gambesi e l’unico ivoriano presente — tutti uomini — trascorreranno le giornate in quest’angolo remoto della città. La ragazza lo lascia intendere. «Ci hanno già chiesto di poter telefonare ad amici è parenti — dice — ma con i nostri telefonini costerebbe troppo... Ci stiamo attrezzando per portare una connessione Internet». Alla fine strette di mano, sorrisi e un Good Luck, buona fortuna in inglese. È quello che ci vuole.