L'attaccante Giampiero Testa (Studiosally)
Marcallo con Casone, 11 agosto 2014 - Un calcio di rigore ha cambiato il destino di giocatori, di campionati, di Mondiali ed Europei. Un calcio di rigore è una sorta di metafora della vita: se lo si realizza, ecco aprirsi nuovi orizzonti, nuove opportunità, se lo si fallisce, sogni di gloria e speranze vengono meno. Ma chi nella vita non ha mai sbagliato un tiro dagli 11 metri? Chiunque verrebbe da rispondere, specie per un giocatore di calcio. E invece esiste una persona, Giampiero Testa, attaccante degli anni ’60 e ’70, che nella sua carriera pur avendo battuto oltre 300 calci di rigore non è mai incappato nell’errore.
Testa, oltre 300 rigori calciati e nessun errore, come è possibile? «Fa effetto, ma è la verità. Disputando, oltre alla stagione regolare, i numerosi tornei serali in cui un singolo giocatore batteva sei tiri dal dischetto, sono arrivato a raggiungere quella cifra e, sembra strano, ma non ho mai sbagliato».
Allora riveli a tutti il suo segreto… «Quando ti presenti sul dischetto devi avere la mente libera. La porta sembra grande, ma in realtà è più piccola di quanto pensi. Ho sempre tirato di piatto, molto forte, prendendo una rincorsa brevissima».
Qual è stato il rigore più importante della sua carriera? «Quello calciato al Torneo di Cuggiono del 1961. Affrontavamo le Cantine Sorrentine di Vittuone che aveva ingaggiato giocatori come Mazzola, Da Pozzo, Bernasconi, Tamborini. La partita terminò 2-2 anche dopo i supplementari. L’ultimo dei sei rigori era quello decisivo. Mazzola lo sbagliò, io invece riuscì a superare Da Pozzo, una soddisfazione immensa».
Una carriera la sua ricca di gioie e successi… «Ho iniziato a giocare a calcio da attaccante 15 anni. Fui acquistato dal Robecco per 80.000 lire e due salami, poi arrivai a Vigevano in Serie C e poi a Magenta vincendo Campionato e Coppa Lombardia».
Appesi gli scarpini al chiodo, si diletta ancora con il calcio? «Sono 35 anni che faccio parte delle Vecchie Glorie del Magentino. Disputiamo partite per beneficenza, andiamo nelle carceri, negli ospedali. Nel 1991 siamo stati ricevuti da Papa Giovanni Paolo II a Roma, un’esperienza unica».
Ha inventato anche degli scarpini particolari, una rarità nel panorama sportivo… «Ho voluto distinguermi dalla massa. Insieme al mio socio marchigiano, abbiamo cercato di realizzare una scarpa da calcio che potesse far rendere al meglio i giocatori. Vera pelle e non la solita plastica che regala una morbidezza assoluta, quasi come una pantofola».