di Michele Azzimonti

Bernate, 23 aprile 2013 - Un capolavoro derubricato per secoli come opera di un artista minore del Settecento. La recente scoperta del suo vero autore, quel Simone Peterzano che fu maestro del Caravaggio negli anni giovanili. E ora il restauro, che ha restituito all’opera la luminosità dei suoi colori originari, e con essi sembra aver riacceso i riflettori sugli anni bui dell’apprendistato milanese di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.

La «deposizione di Cristo» ha tutti gli elementi per suscitare l’attenzione e la curiosità degli studiosi del Caravaggio, da anni alla disperata ricerca delle opere giovanili del maestro. Il genio del pittore milanese sembra infatti essere esploso improvvisamente tra il 1591 e il 1593, quando non ancora ventenne si trasferì a Roma non ancora ventenne (era nato nel 1573). Nessuna traccia dei suoi esordi d’artista. Nessuna opera che testimoni il suo apprendistato nella bottega del Peterzano durante il suo soggiorno milanese. Che fu estremamente breve. Solo quattro anni, ma cruciali. E proprio in quegli anni è collocata la “Deposizione di Cristo” del Peterzano, maestro del Caravaggio.

L’esecuzione dell’opera risale agli anni Ottanta del Cinquecento, «forse non lontano dal 1584, l’anno in cui Michelangelo Merisi cominciava ad andare a bottega da lui (Peterzano, ndr)». E’ quanto scrivono due insigni studiosi, Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, ai quali spetta il merito di aver attribuito l’opera al Peterzano. Ora il restauro dell’opera, che è conservata nella canonica di San Giorgio a Bernate, un paesino a ovest di Milano, sembra riproporre il rebus del soggiorno milanese del Caravaggio.

Infatti il restauro ha portato con sè una sorpresa: «Nel corso dell’opera di restauro, che è durata circa un anno, è emersa una peculiarità - spiega Carmelo Lo Sardo, che ha restaurato la pala del Peterzano -. Nell’opera si legge il contributo di diverse maestranze. Non c’è solo la mano del Peterzano, che ha dipinto con certezza il Cristo morto. L’angelo che sorregge pietosamente la figura del Cristo è un’immagine dipinta con un certa durezza, che sembra riferibile a un giovane allievo del Peterzano, molto capace e dotato».

È stata quindi la mano del Caravaggio a dipingere quell’angelo dal volto splendente, mentre sorregge un Cristo con la pelle livida dei morti? Lo Sardo, che ha alle sue spalle il restauro di opere del Bergognone e del Cerano, non si spinge a tanto: «È un’ipotesi affascinante, ma solo di un’ipotesi si tratta. Saranno eventualmente gli esperti a decidere di vagliarla». Al di là dell’ipotesi e della stessa liceità di tale ipotesi, rimane comunque un fatto certo. La «Deposizione di Cristo» rimane una scoperta inattesa e importante nell’ambito dell’opera del Peterzano e della pittura lombarda del Cinquecento. L’opera, dipinta a olio su tavole di tiglio, farà parte della mostra «Bernardino Luini e i suoi figli» che si terrà a Milano l’anno prossimo a cura di Agosti e Stoppa.