Il Ticino è in secca: è disastro ecologico

La prolungata siccità, che si trascina tra momenti più o meno critici fin dall’inverno scorso, sta colpendo in maniera indiscriminata tutte le specie

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Magenta, 1 ottobre 2016 - Oltre 6mila specie viventi. Questo il numero di animali, piante e funghi che abitano l’ecosistema del Parco Ticino. Un patrimonio naturalistico unico al mondo che, da mesi, soffre la siccità a causa di scelte politiche sbagliate. Dal 2014 il Parco combatte una battaglia per riportare il livello del Lago Maggiore, il bacino del Ticino, alla quota di +1,50 metri sullo zero idrometrico; livello definito «di sicurezza» che avrebbe evitato i danni irreversibili o reversibili sul lungo periodo a tutte le specie viventi del fiume azzurro. Solo qualche giorno fa il vicepresidente Luigi Duse aveva tuonato: «Il Ticino è malato oggi, e va preso per tempo».

La prolungata siccità, che si trascina tra momenti più o meno critici fin dall’inverno scorso, sta colpendo in maniera indiscriminata tutte le specie. Tra quelle più a rischio c’è lo «storione cobice» che, essendo un pesce di taglia piuttosto grossa, ha bisogno di acque molto ossigenate. Nulla che assomigli al rigagnolo in cui si è trasformato il fiume. Non solo: la poca acqua a disposizione rende faticosa la riproduzione di questo pesce. Negli anni scorsi il Parco ha investito centinaia di migliaia di euro per ripopolare il Ticino con gli storioni, per questo motivo la perdita di numerosi esemplari rappresenta un danno naturalistico ed economico rilevantissimo. E un discorso simile si può fare anche per altri pesci, tra cui la «trota marmorata».

Riguardo le piante a soffrire più di altre sono querce e ontani. In alcuni casi si tratta di alberi secolari la cui perdita sarebbe irreversibile. Contrariamente a quanto si può pensare, infatti, queste piante hanno radici che non scendono a grande profondità e vanno in crisi non appena c’è un abbassamento della faglia acquifera sotterranea dalla quale pescano nutrimento. La siccità colpisce anche gli uccelli. In particolare la «moretta tabaccata», specie cosiddetta «prioritaria» che vive in pochissime parti d’Italia. Il rischio concreto, in questo caso, è che gli esemplari lascino l’area protetta del Ticino in cerca di una nuova casa. Senza dimenticare i danni all’agricoltura che ruota attorno all’ecosistema del Parco. La siccità e il diffondersi di immensi ghiaioni dove prima si trovava il letto del fiume favoriscono il proliferare di batteri, muffe e funghi che dalle sponde malate si possono diffondere alle colture circostanti. Un pericolo concreto per riso, mais e altre coltivazioni d’eccellenza.