Legnano, il primario di Infettivologia: "Malattie dai profughi? E' una fesseria"

Paolo Viganò, medico dell'ospedale di Legnano: "La scabbia si risolve in due giorni. La malaria? Non sono i migranti a portarla, ma i turisti"

Il primario Paolo Viganò

Il primario Paolo Viganò

Legnano (Milano), 10 novembre 2017 - C'è relazione tra le migrazioni e la diffusione delle infezioni? Molti ne sono convinti. Paolo Viganò è primario di Infettivologia che ha vissuto numerose esperienze di volontariato in Africa.

Viganò, cosa ne pensa? «Assistiamo a due migrazioni ben distinte. Una che arriva dall’Est. Le migliaia di badanti che si disperdono nelle case degli anziani e di cui non c’è alcun allarme sociale, perché non si vedono. C’è poi, molto più visibile, quella dei migranti africani, quelli che arrivano con i barconi. Sono soprattutto giovani selezionati nei vari villaggi, che sostengono economicamente il viaggio verso l’Europa, perché le rimesse in denaro che poi faranno sono maggiori rispetto a quello che offre loro la cooperazione internazionale. Sono tutti ragazzi sani. Nessun villaggio invia lebbrosi o ammalati di tubercolosi, sarebbe un investimento improduttivo. Lo vediamo dai soggetti che sono ospitati nel nostro territorio: nessuno arriva con l’hiv».

Ci sono stati casi di scabbia.  «La scabbia non è un problema, ma una patologia dermatologica. Con due giorni di crema tutto si risolve. Qualsiasi italiano che sta un mese in Libia picchiato e denutrito si prende la scabbia…».

La malaria chi la propaga? «Non sono i migranti che portano la malaria, bensì i turisti. Questa infezione ha una incubazione di sette giorni. In Libia, dove i migranti restano anche per mesi, non ci sono casi di malaria. La porta in Italia chi non si è vaccinato prima di partire per l’Africa. Anche gli stessi africani che sono in Italia da dieci anni e che tornano senza adeguata profilassi ai loro Paesi di origine come fossero gli zii d’America pensando di essere immuni».

Resta il pericolo tubercolosi.  «L’unico reale. In Africa è diffusissima. Tantissimi si infettano da bambini, immagazzinando il germe bloccato dal sistema immunitario. Se vivono bene il bacillo resta bloccato, a livello polmonare. Chiunque ha avuto contatto con la tubercolosi da giovane quando si trova in un momento di disagio fisico, per malattia o perché dorme in una baracca al freddo, sotto i ponti, sviluppa la tubercolosi che ha latente. Sostenere che i migranti portino malattie è una fesseria incredibile»

Si parla sempre meno, soprattutto tra i giovani, di aids e hiv... «È vero. Si sta abbassando di molto la percezione della gravità del rischio da infezione di hiv e delle infezioni a trasmissione sessuale. Fra i giovani ci sono incoscienza e delirio di onnipotenza che li espongono a rischi sottovalutati, anche quando vanno in motorino. I giovani devono essere più responsabili nell’attività sessuale, che sta diventando sempre più precoce». 

Forse l’attenzione è in calo perché si dice che di hiv non si muore più e si può guarire. «L’hiv si cura con quello che abbiamo a disposizione, vale a dire con farmaci da assumere per tutta la vita. Una limitazione non da poco. A livello nazionale c’è stata un’impennata sui casi di sifilide, si dice il 400% in più. Il nostro territorio non è da meno, in linea con questi dati». 

Un monito?  «Né casti, né cauti. Rispettate le norme di prudenza con scelte coerenti. Le scuole e le fonti educative dovrebbero fare molto di più».