"Faceva fatica a morire e piangeva". La confessione choc del killer di Silvio Mannina

Castano Primo, l'albanese intercettato mentre parla con il compagno di cella

Gli investigatori sul luogo dove era stato sepolto il corpo di Silvio Mannina

Gli investigatori sul luogo dove era stato sepolto il corpo di Silvio Mannina

Castano Primo (Milano), 25 novembre 2016 – Omicidio del castanese Silvio Mannina e della sua ex compagna Lidia Nusdorfi: intercettazioni choc lette in aula alla Corte d’assise del tribunale di Rimini durante il processo a carico del pasticcere Dritan Demiraj e dello zio Sadik Dine, ritenuti i responsabili del duplice delitto anche in seguito alla confessione dello stesso Demiraj. Ricostruiti da parte delle forze dell’ordine ascoltate come testi anche i movimenti dei soggetti implicati, con la trappola tesa al trentenne castanese quando il 28 febbraio del 2014 arriva in stazione a Rimini per incontrare il pasticcere albanese. Una volta giunto sul posto, viene accompagnato nell’appartamento di Dritan. Qui il castanese vive ore di dolore e tortura: ammanettato e strangolato con un cavo. Una volta esalato l’ultimo respiro, Mannina è sepolto in una buca scavata alla cava del lago azzurro di Santarcangelo di Romagna. Il suo corpo sarà ritrovato circa un mese dopo dagli inquirenti, a seguito della confessione di Dritan.

Silvio Mannina con la mamma Emma

«Faticava a morire perché forte fisicamente, piangeva». Questa la terribile intercettazione effettuata al carcere di Parma. Dritan sta parlando degli omicidi con un compagno di cella. Non sa di essere ascoltato. E, riferendosi alla Nusdorfi (uccisa a Mozzate, nel Comasco, il giorno dopo Mannina), Dritan racconta al compagno di cella di averla accoltellata e sgozzata. Ma le intercettazioni riguardano anche Monica Sanchi, l’ex del pasticcere (anche lei imputata al processo e attualmente ricoverata in una struttura ospedaliera a causa delle sue condizioni di salute). «Si sarebbe meritata una pallottola in fronte», dice Dritan.

Dritan Demiraj

I motivi? Li spiega il legale della Sanchi, Nicola De Curtis: «Nell’interrogatorio reso agli inquirenti nell’aprile 2014, la Sanchi non solo ha ammesso le proprie responsabilità ma ha anche indicato i personaggi coinvolti. Da qui sono state effettuate le indagini a Rimini e la perquisizione in casa di Dritan, dove è stato ritrovato per esempio il materasso con una pezza al centro per probabilmente occultare le tracce di sangue. Non solo – prosegue l’avvocato – c’è anche un’intercettazione eseguita mentre la Sanchi e Dritan sono insieme su un furgone in cui lui le avrebbe raccomandato le cose da non dire agli interrogatori. Lei aveva già reso le dichiarazioni ma è stata al gioco, facendolo parlare. Tanto più che lo stesso Demiraj in cella dirà di non sapere che in quel momento fossero stati intercettati». Le varie intercettazioni sono già state acquisite. La prossima udienza è fissata per il 14 dicembre, durante la quale dovrebbero essere sentiti Demiraj e lo zio. La sentenza di condanna arrivare al la fine di febbraio dell’anno prossimo.

di SARA RIBOLDI