Abusi ex maresciallo: 13 violenze, condanna definitiva. Ma alle vittime nemmeno un soldo

Il caso di Parabiago. Il Viminale non paga di DAVIDE GERVASI

Il maresciallo Massimo Gatto

Il maresciallo Massimo Gatto

Parabiago, 31 maggio 2016 - Furono racconti choc. In aula a Milano, durante le udienze a porte chiuse, le donne ripercorsero i momenti delle violenze sessuali subite. Il loro incubo. Le loro notti di paura. Il buio della camera di sicurezza dentro la quale erano state rinchiuse. Il silenzio della caserma dei carabinieri di Parabiago, a una ventina di chilometri da Milano, dove erano state violate nelle parti intime. Pietrificate di fronte a lui, l’uomo che approfittava della divisa e del distintivo dell’Arma nei confronti delle detenute. Abusi consumati su chi era privato della libertà e dunque di per sé in una condizione di minorità fisica e psicologica. Ricordi indelebili. Ferite ancora aperte.

Ma per il Ministero degli Interni, quei danni psicologici subiti e riconosciuti dall’autorità giudiziaria (dai 40 ai 50 mila euro a ciascuna delle vittime il risarcimento disposto) sembrano non avere alcun valore. Quelle tredici donne che nell’arco di nove anni, tra il 2003 e il 2011, furono violentate dall’allora maresciallo in forze alla caserma di viale Europa Massimo Gatto (radiato dall’Arma e lo scorso venerdì condannato in via definitiva a 15 anni e 3 mesi di carcere dalla Cassazione) attendono ancora il risarcimento che è stato loro riconosciuto. Lo aspettano da quasi due anni. A pagare dovrebbe essere, appunto, il Ministero degli Interni. Ma si rifiuta di farlo nonostante penda su di esso un’ingiunzione di pagamento firmata dal giudice.

Il Viminale continua così a fare spallucce. Un rifiuto, che suona come un nuovo oltraggio alla dignità di queste donne. «Con la condanna in Cassazione, Giustizia è stata fatta – è il commento dell’avvocato di una delle parti civili, Marzia Centurione Scotto – anche se così non si può dire per il ristoro delle vittime, che purtroppo non hanno ancora percepito nulla, neppure le scuse per quello che hanno subito. L’imputato e il Ministero, responsabile civile di quanto successo, non hanno infatti ancora pagato né i risarcimenti previsti per le vittime, né le parcelle liquidate dai giudici, per i legali che le hanno assistite. E così questa triste vicenda non può ancora dirsi finita». Tutto era iniziato nel 2011 con la denuncia di una bella ragazza di origini polacche di diciannove anni, arrestata per furto e che raccontò di aver subito violenze sessuali nella camera di sicurezza dall’ex maresciallo Gatto. In seguito, le indagini avevano fatto emergere ulteriori episodi.

Tra le persone abusate anche donne che erano andate in caserma per presentare una denuncia. «Le vittime non hanno mai fatto alcuna pressione per un eventuale risarcimento danni - ha aggiunto l’altro avvocato di parte civile, la legnanese Paola Padoan –. A loro non interessavano i soldi, ma che venisse innanzitutto fatta giustizia. La sentenza è stata esemplare, questo è certo, ma ora è giusto che il Ministero degli Interni paghi quello che deve pagare. C’è persino un decreto ingiuntivo del tribunale di Milano. Ma quei soldi continuano a non arrivare». Non resta quindi che ricordare le parole dello scorso 8 marzo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in Quirinale ingentilito da un trionfo di mimose gialle e da cambio della guardia tutto al femminile disse: «La piaga della violenza sulle donne va contrastata senza mai cedere all’egoismo e all’indifferenza». Già, egoismo e indifferenza.