Abbiategrasso, incastrato da telecamere al lavoro ma la legge salva il dipendente ladro

Video senza l’autorizzazione di chi è ripreso: la prova in aula non vale

Carabinieri di Abbiategrasso (Studio Sally)

Carabinieri di Abbiategrasso (Studio Sally)

Abbiategrasso, 4 dicembre 2016 - Era stato incastrato – le mani nel sacco, è proprio il caso di dire – mentre prelevava del denaro dalle casse. A immortalare il dipendente, un uomo di 44 anni originario dell’Ecuador, erano state le telecamere della videosorveglianza del centro di fisioterapia e riabilitazione presso il quale era impiegato da anni come addetto alle pulizie, alle porte di Abbiategrasso, nel Milanese.

Riprese senza margini d’incertezza: intorno alle undici del mattino l’uomo, convinto evidentemente di non essere ripreso, s’impossessa di trecento euro e con nonchalance se li mette in tasca. Una prova schiacciante arrivata dopo mesi d’indagini e di sospetti che aleggiano attorno a lui. Reo, per la direzione del centro massaggi, d’essersi portato via ben più di tre semplici banconote da cento euro. La cifra degli ammanchi scoperti nell’arco di due anni, e denunciata dalla direzione ai carabinieri, gira infatti attorno ai ventimila euro.

Scatta così l’arresto. Ma proprio la prova «regina» del filmato della videosorveglianza non potrà adesso essere usata contro l’ecuadoregno disonesto nel corso del processo che si aprirà nelle prossime settimane al tribunale di Pavia. L’obiezione, accolta, è stata sollevata dal suo avvocato, Roberto Grittini. E si basa su una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, di fine ottobre, secondo cui non possono essere oggetto di prova durante il dibattimento filmati che riprendano l’attività dei dipendenti in azienda senza l’autorizzazione degli stessi.

In altre parole, l’installazione delle telecamere sui luoghi di lavoro deve avere l’avallo dei diretti interessati o delle loro rappresentanze sindacali. «In questo caso non c’era né il primo né il secondo elemento richiesto – spiega Grittini – e la Terza sezione penale della Cassazione è molto chiara su questo punto: l’azienda può installare un sistema di videosorveglianza ma deve avere il via libera degli impiegati, o dei sindacati o, in subordine, della Direzione provinciale del lavoro. Qui non c’era nessuno di questi requisiti. E quel filmato dev’essere considerato fuorilegge». Contro l’ecuadoregno, ora in stato di libertà anche grazie al fatto d’essere incensurato, dovranno dunque essere utilizzate altre prove. Una strada che si preannuncia tutta in salita. Sì perché se da una parte il quarantenne ha riconosciuto d’aver agguantato quei trecento euro, l’intero impianto accusatorio che lo vede come unico indiziato per i ventimila volatilizzati in ventiquattro mesi è tutto da dimostrare. «Ha ammesso alla fine d’aver preso quei soldi, quel giorno, perché la moglie è malata e lavorando di meno non sanno come arrivare a fine mese...» aggiunge il suo legale. Oltre al processo, il sudamericano dovrà ora affrontare un altro problema di non poco conto. Quello di trovarsi una nuova occupazione.