Parabiago, 11 dicembre 2013 - Una decisione che era “quasi” nell’ordine delle cose. I legali delle vittime dell’ex maresciallo dei carabinieri Massimo Gatto si aspettavano alla fine una possibile riduzione della pesante pena inflitta in primo grado. E così è avvenuto al termine del processo d’appello a Milano. La sentenza, arrivata poco prima dell’una del pomeriggio di ieri, non è stata alla fine una doccia fredda. Sedici anni e un mese di reclusione: questa la riformulazione della condanna per i ripetuti casi di violenza sessuale di cui Gatto è stato comunque riconosciuto colpevole. Commessi fuori e dentro la caserma dell’Arma di viale Europa di cui era diventato da tempo il “numero due”. Assolto per quattro dei quindici casi contestati e, per uno, dal reato di concussione.

Escluso anche — sempre in alcuni casi specifici — l’abuso di potere. «Sì, questo epilogo era in un certo senso scontato. Perché in appello si assiste quasi sempre a una mitigazione della pena. Mal’iter giudiziario non si è ancora concluso—chiarisce Paola Padoan, l’avvocato legnanese che difende una delle vittime—perché è altamente prevedibile, se non sicuro, che i legali di Gatto ricorreranno in Cassazione». Insomma, si andrà avanti fino all’ultimo verdetto che verrà emesso dai supremi giudici romani. Nel frattempo Gatto, 49 anni, continuerà a scontare i domiciliari in una località segreta del Legnanese.

In aula ieri, poche persone. Non erano presenti i difensori, che hanno inviato dei sostituti. Ma era presente Gatto: dal 2011 non si è mai perso un appuntamento. E con lui c’era pure la moglie, che con grande dignità non ha mai abbandonato il marito. L’ex appartenente all’Arma non ha proferito commenti. Si era in realtà già espresso durante la prima udienza di appello. Quando aveva preso la parola davanti ai giudici affermando — non senza creare sconcerto presso la corte— che le sue erano state solo «galanterie fraintese».

La verità è invece ben diversa. Al di là della “limatura” effettuata, i fatti contestati al militare rimangono intatti nella loro gravità. Svariate aggressioni di natura sessuale nei confronti di donne — prostitute, ladruncole, ma anche di chi, in caserma, ci andava per una denuncia di smarrimento della patente—che lo condurranno in carcere nel giugno 2011. A fare da detonatore la confessione di una ragazza polacca di 19 anni colta a rubare in un market. Palpeggiamenti spinti, rapporti di vario genere ottenuti con la forza e altro ancora. È lo squallore che emerge in tutta la sua brutalità e che proseguiva invariato addirittura dal 2004.