Legnano, 18 aprile 2013 - «Scandalosamente mite», «troppo lieve», «è una cinica indulgenza», «una vergogna». Si estendono anche al web l’indignazione e lo sconcerto per la sentenza di condanna a 17 anni di reclusione (oltre che a un milione e mezzo di euro come risarcimento) emessa nei confronti di Roberto Colombo, il medico oculista che il 27 giugno dello scorso anno a Legnano uccise a colpi di mattarello l’ex compagno — non si erano infatti mai sposati — di Stefania Cancelliere, madre di tre figli piccoli.

Dalle pagine di facebook, amici e parenti della donna uccisa esprimono tutta la loro rabbia per «una pena troppo leggera e che suona come un oltraggio alla memoria di Stefania», scrive sulla sua pagina Giada, amica della vittima. L’amarezza è tanta, tantissima. Già la richiesta del pm Isidoro Palma ridotta a vent’anni in virtù del rito abbreviato, era stata definita dal fratello di Stefania, l’avvocato Livio Cancelliere, «insoddisfacente”. Ora, di fronte al verdetto del giudice Roberta Nunnari a diciassette anni, l’indignazione è ancora più forte. «Esprimo tutto il mio sdegno», scrive su facebook Francesca.
Per Lorella, invece «è un omicidio efferato compiuto con una furia cieca, ma che è stato giudicato alla stregua di una rapina».

Esono tante le donne in rete, tutte amiche di Legnano della vittima, che commentano con disappunto questa sentenza. «La vita di Stefania e il dolore dei suoi figli valgono molto di più di 17 anni di prigione. Ci voleva l’ergastolo», scrive Antonella. «È una condanna che lascia impunito il condannato», pubblica Cristina. Un verdetto reso ancor più amaro dal fatto che l’assassino resterà ai domiciliari (da mesi si trova in una clinica di lusso ad Appiano Gentile) fino al pronunciamento della sentenza definitiva.

E pensare che lo scorso 8 marzo, il giorno della “Festa delle donne”, i familiari di Stefania avevano organizzata una manifestazione pacifica davanti al tribunale di Milano, con l’intento di sensibilizzare l’autorità giudiziaria e «ricordare — aveva scritto la cugina sulla sua pagina di Facebook — che la vita è il più prezioso dei tesori e che nessun uomo ha il diritto di devastare». La stessa cugina che ora, sullo stesso social Network, ha scritto: «È una vergogna». E anche la madre della vittima, Maria Rosaria, non ha voluto sottrarsi dal commentare la sentenza: «Credevamo avessero fatto giustizia, ma la giustizia non esiste».

davide.gervasi@ilgiorno.net