Turbigo, 15 febbraio 2013 -Anche nella riunione settimanale dell’Associazione “Esposti Amianto” non poteva che essere all’ordine del giorno la discussione sulla fine delle udienze preliminari che hanno decretato ufficialmente il rinvio a giudizio per i sette dirigenti Enel della centrale di Turbigo, attesi di nuovo in aula il 15 maggio per l’inizio del processo.Un procedimento giudiziario in cui il riconoscimento che dietro la morte di ben otto operai per mesotelioma pleurico ci siano dei colpevoli, seppur ancora “presunti”, oltre che attestati capi d’imputazione, è sicuramente già un traguardo per chi combatte da immemore tempo proprio per l’ottenimento di questo risultato. «Soddisfatti pienamente non saremo mai, dato che ci sono stati dei morti – ha così commentato i fatti accaduti Valentino Gritta, presidente dell’Aiea – siamo comunque contenti che le udienze preliminari si siano concluse velocemente, attendiamo il processo.

In realtà auspichiamo già un “Turbigo 2”, perché per ora la parte offesa è costituita solo da chi è deceduto di mesotelioma, che è la malattia strettamente causata dall’amianto, ma sono molto di più le vittime per tumori e patologie correlate alla presenza di questa sostanza, che di certo ha aggravato in ogni caso le condizioni fisiche e lavorative di noi dipendenti, attestate anche da diversi studi risalenti dagli anni Ottanta. Se, quindi, si creerà un precedente con questo primo processo, sarebbe giusto che anche per tutti gli altri casi venisse fatta giustizia».
 

A ogni udienza l’Aiea ha sempre partecipato con una sua delegazione, seguendo imperterrita, quindi, le arringhe di entrambe le parti, accusa e difesa. «Il pm Maurizio Ascione ha individuato tre grandi figure d’imputati: i dirigenti del Consiglio d’Amministrazione che hanno comprato e costruito la centrale pur sapendo che all’interno c’era amianto, nonostante nel 1964 a una conferenza a New York era stata già accertata la pericolosità del materiale; i capi di compartimento e i capi centrale, colpevoli questi ultimi di non aver fatto tutto il possibile per garantire la sicurezza dei lavoratori — ha precisato Gritta, che dagli anni Novanta lavora ancora in centrale —. La manipolazione dell’amianto è stata abolita poco dopo il mio arrivo, ma prima ancora alcuni operai avevano l’ordine di spaccarlo e chi si rifiutava veniva definito “lavativo”. Pur lavorando in mezzo all’amianto, come d’altronde tra molte altre sostanze cancerogene, era tassativamente vietato nominarlo e riportarlo nei documenti ufficiali».

di Vanessa