di Luca Di Falco

Legnano, 29 luglio 2012 — Una piazza giardino chiusa, quella nell’area dell’ex tessitura Agosti, compresa tra le vie Cherubini, Cavour, Pilo e la ferrovia. Le entrate ai cancelli delle vie Cherubini e Cavour sono infatti sbarrate a chiave. In una zona in cui mancano gli spazi verdi, è aperta solo una strada a vicolo cieco che da via Mazzini taglia via Cherubini terminando proprio ai cancelli, al di là dei quali si stagliano sullo sfondo due lapidi dedicate una a Ettore Agosti, tra i fondatori dell’azienda e l’altra ai Caduti della ditta durante le due guerre mondiali, conservate dal custode Tonino Finotti dopo l’abbattimento della ditta a metà degli anni Novanta e la costruzione di un’area residenziale.

Tra le due lapidi campeggiano scritte di vario genere, ma delle panchine e del giardino pensile nessuno all’interno dell’area chiusa può usufruire. Da anni giace una petizione degli ex lavoratori dell’Agosti e dei cittadini dei rioni di San Martino e San Domenico per intitolare l’area ai fratelli Ettore, Romolo e Remo Agosti, industriali e filantropi legnanesi.

Tra i vicini dell’area così abbandonata c’è chi sospetta che il giardino rimanga chiuso perché sul versante opposto dopo la montagnetta il superstite muro di cinta della vecchia fabbrica è molto basso e si teme che qualche bambino giocando scavalchi, ritrovandosi direttamente sui binari dell’adiacente ferrovia. Questo però sarebbe un ostacolo facilmente aggirabile con l’installazione di una protezione ben più alta e sicura. Nel suo stato attuale, tutto pare dimenticato eppure questa è una storia importante perché l’Agosti fu uno dei primi teatri dell’autunno caldo legnanese. Da qui nel gennaio del 1968 partì una grandiosa manifestazione di protesta contro la chiusura dell’azienda, che poche settimane dopo fallì.

In quel contesto, don Albino Colombo, parroco di San Domenico, si prodigò in mezzo alle famiglie degli operai per assicurare vestiario e generi di sussistenza e magari meriterebbe di essere ricordato, visto che anche in questo caso è giacente una petizione. In queste piazzette e vie senza nomi ma ricche di storie e di una memoria che non può essere cancellata per quello che è stata la Legnano di un tempo, in un’area oggi occupata da eleganti palazzine che rievocano nello stile l’architettura industriale ci si chiede quando potrà finalmente essere riaperto il giardino e magari comparire qualche cartello che ne rievochi il passato glorioso.