Milano, 1 febbraio 2012 - Chiusa l’inchiesta a carico del presidente di Sos racket e usura Frediano Manzi, che ha confessato di aver commissionato per 1.200 euro al pluripregiudicato Alberto Marcheselli un finto attentato a un suo chiosco di fiori, per poi denunciare che si trattava di un atto di intimidazione contro l’attività della sua associazione.

Il pubblico ministero Luigi Luzi ha notificato a Manzi e a Marcheselli l’avviso di conclusione delle indagini in cui sono accusati, il primo in qualità di mandante e il secondo in qualità di esecutore, di concorso in fabbricazione, detenzione e porto in luogo pubblico di materiale incendiario, nonché di concorso in simulazione di reato in relazione al pacco incendiario fatto ritrovare ai carabinieri il 6 dicembre 2009 a Nerviano. Entrambi sono inoltre coinvolti in un analogo procedimento della procura di Busto Arsizio relativo all’incendio di un furgone di Manzi avvenuto nel febbraio successivo a Caronno Pertusella.

Agli atti dell’inchiesta c’è non solo la confessione resa da Manzi al pm, ma anche quella del complice, finito in carcere per questa vicenda con l’accusa di incendio più di un anno fa e già rinviato a giudizio a Busto Arsizio, dove la sua posizione è stata stralciata dal pm Roberta Colangelo da quella del coindagato, in quanto detenuto.

Gli inquirenti hanno ricostruito l’accaduto, dopo aver identificato Marcheselli dal mozzicone di sigaretta utilizzato per appiccare il fuoco al furgone e gettato nelle vicinanze. Ne hanno estratto il suo profilo genetico e lo hanno identificato perché era già contenuto nelle banche dati delle forze di polizia in quanto pregiudicato.

Dall’identificazione all’arresto il passo è stato breve. Poi lo scorso settembre è arrivata anche la confessione, in cui ha sostenuto di aver ricevuto da Manzi non solo i 1.200 euro per la commissione degli attentati, ma altri 2.500 nel corso dei mesi successivi nel timore che parlasse. Manzi nel frattempo è stato sentito come testimone dalla procura di Busto Arsizio senza fare ammissioni. E intercettato al telefono con una cronista, ha dichiarato di sapere chi aveva eseguito gli attentati, ma di non averlo denunciato. Solo a settembre ha deciso di parlare in un’intervista registrata da un giornalista che poi è arrivata sul tavolo di Colangelo. Le versioni dei due indagati divergono solo sul movente. Manzi ha sostenuto di aver commissionato gli attentati per stimolare l’attenzione degli investigatori su altri episodi di intimidazione subiti nel corso del tempo su cui sono in corso delle inchieste. Marcheselli ha dichiarato che per quel che ne sapeva lui si trattava di un tentativo da parte del presidente di Sos racket e usura di procrastinare dei pagamenti.