Magenta, 29 aprile 2011- I boschi del Parco del Ticino sono a rischio. Soprattutto querce e robinie. Colpa dell’aria, sempre meno pulita. La ricerca realizzata in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e finanziata da Regione Lombardia ha evidenziato una presenza preoccupante di inquinanti atmosferici che generano ricadute negative sulla vegetazione. «L’aria è più inquinata a nord, vicino all’aeroporto di Malpensa - rivela Valentina Parco, biologa dell’area Protezione e gestione degli ambienti naturali e della biodiversità del Parco del Ticino -. Ma la situazione è peggiore di quella che ci si potrebbe attendere anche nella riserva naturale La Fagiana, a Magenta». Il monitoraggio condotto nel periodo tra luglio e novembre 2010 ha evidenziato una crescita media di ozono nella zona di Sesto Calende e Turbigo pari al 20-25 per cento rispetto ai dati del 2000, quando il Parco avviò l’ultimo controllo dell’aria. «L’ozono è una delle sostanze più nocive per i boschi - precisa la biologa -. Una concentrazione eccessiva rovina la superficie delle foglie interrompendo la fotosintesi clorofiliana, un processo vitale per l’alimentazione e la sopravvivenza delle piante».

I ricercatori hanno monitorato la qualità dell’aria nel Parco del Ticino in 17 stazioni posizionate nei Comuni soci. «L’obiettivo era verificare soprattutto la presenza degli inquinanti che mettono a rischio la sopravvivenza dei boschi - precisano i curatori dello studio -. Per questo motivo abbiamo preso in esame il periodo estivo e autunnale, quando le piante hanno le foglie, andando ad analizzare particolari sostanze che incidono sul depauperamento della vegetazione». I biologi hanno alternato zone di campionamento urbane ad altre boschive per avere un quadro omogeneo della qualità dell’aria nel territorio del Parco del Ticino. Le stazioni mobili hanno rilevato le concentrazioni di ozono, ossido di azoto - inquinante all’origine di nebbie e smog fotochimico, in combinazione con l’ossigeno -, biossido di zolfo, benzene, idrocarburi derivati da combustioni incomplete e metalli. Lo studio ha interessato tutto il territorio compreso tra Sesto Calende e Belgioioso. «La presenza di ozono è più alta nelle zone rurali rispetto a quelle industriali e densamente abitate - commenta Valentina Parco -. Ma il livello è preoccupante in tutte le stazioni, se consideriamo che la concentrazione maggiore si ha tra maggio e luglio, quando le temperature sono più elevate». Rispetto al precendente monitoraggio, l’anidride solforosa è in diminuzione. Tuttavia, alcune criticità si rilevano ancora a Lonate Pozzolo, Turbigo e Magenta. Comuni che risentono della presenza di raffinerie e attività industriali. Valori preoccupanti di inquinanti sono stati accertati anche dalle centraline posizionate lontano dal traffico veicolare. Alla riserva naturale La Fagiana, una zona boschiva al riparo da auto e camion alle porte di Magenta, il livello di ozono è in calo del 30 per cento rispetto a dieci anni fa. «Questo dato non è positivo - precisano i ricercatori -. Quando il livello dell’ozono scende così tanto significa che ci sono altri inquinanti in grado di consumarlo. In particolare gli ossidi di azoto che, combinandosi con l’ozono, creano lo smog fotochimico».

L’ ossido di azoto mette a rischio la sopravvivenza delle robinie nei siti naturali del Turbigaccio e della Lanca di Bernate. Così come il benzene, presente soprattutto vicino all’autostrada Milano-Torino e all’aeroporto di Malpensa. Lo studio condotto con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia ha analizzato per la prima volta anche la concentrazione di idrocarburi generati dalla combustione incompleta. Un processo che si verifica soprattutto durante il decollo e l’atterraggio degli aerei. Non desta sorpresa, quindi, che i livelli più alti si registrino nei Comuni più vicini a Malpensa. La presenza di idrocarburi preoccupa anche Castano Primo, dove i ricercatori hanno rilevato il dato più alto di inquinanti che derivano da solventi chimici utilizzati nell’industria plastica. Qualche criticità è emersa anche tra Magenta e Abbiategrasso. Tranquillizza, invece, la presenza di metalli, sotto il livello di guardia ovunque. Solo a Turbigo sono state trovate tracce di nichel e cromo. Residui della presenza di concerie.