Legnano, sulla Tosi gli imprenditori ci sono. I politici?

Sul caso Franco Tosi le istituzioni politiche sono arrivate in ritardo anche questa volta tanto da rendere necessaria un'audizione in Regione per scongiurare il pericolo di trasloco da parte dell'imprenditore Presezzi

"Dobbiamo fare di tutto perché la Tosi non chiuda", "La Franco Tosi non se ne deve andare da Legnano". Bene, bravi, giusto. Ma in ritardo. Come sempre. La politica sul caso Tosi è sempre arrivata in ritardo. E' arrivata in ritardo ormai diversi anni or sono quando l'azienda legnanese che si occupa di turbine è passata nelle mani di Gammon e lo ha fatto anche durante l'ultima operazione che ha portato la società a passare all'italiana Presezzi. All'epoca di Gammon, praticamente nessun parlamentare si interessò del passaggio di proprietà. Salvo poi lanciare l'allarme, ancora una volta in ritardo, anni dopo a causa della pessima situazione finanziaria nella quale versava l'azienda. E pensare che non esiste un referente politico che non dica: "La Tosi è Legnano, è un patrimonio di tutti". Già, di tutti ma troppo spesso i lavoratori sono rimasti senza interlocutori politici di un certo peso. L'arrivo di Presezzi - che non è un salvatore della patria, intendiamoci, ma un imprenditore che comunque ha scelto di assumersi delle responsabilità - ha posto l'azienda in una situazione diversa, certamente migliore rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni. Tutti ricordano i grandi proclami, ancora una volta, delle istituzioni politiche: "Faremo il possibile per sostenere questo imprenditore se dovesse assumere le redini della Tosi". Lui, da uomo d'affari, lo ha fatto. E sembra quantomeno bizzarro che per vedere rispettate certe promesse pronunciate da figure politiche, un cittadino debba alzare la voce paventando un trasloco di un'azienda.