Legnano, per Marta Cartabia questa città è il luogo del cuore

Dall'Alto Milanese a Roma. Marta Cartabia, nata a San Giorgio su Legnano nel 1963, è dal novembre 2014 vicepresidente della Corte Costituzionale. Una delle pochissime donne ad avere ricoperto questo incarico, certamente la più giovane. Fedele custode del dettato costituzionale.

Marta Cartabia, vicepresidente della Corte Costituzionale

Marta Cartabia, vicepresidente della Corte Costituzionale

Professoressa, quale il suo legame con Legnano e San Giorgio? Le capita di tornare spesso in città?  Tutta la mia infanzia e la prima fase dell’adolescenza sono legate a Legnano e ai luoghi dove ho trascorso i miei primi tredici anni: le scuole elementari Giosuè Carducci di via XX settembre, le scuole medie Bonvesin de La Riva, la parrocchia dei Santi Martiri, la contrada di San Bernardino. Come spesso accade, i ricordi di infanzia sono costituiti da volti e da alcune immagini. Tra i volti ricordo con grandissimo affetto alcune compagne, specie delle medie, che hanno avuto la gentilezza di scrivermi anche di recente, pur essendoci perse di vista per anni. Ma tra tutti, l’affetto più intenso è per la mia nonna materna – la nonna Antonietta – che mi ha visto nascere. Nella sua casa di San Giorgio trascorrevo molto tempo libero, specie d’estate: ho il ricordo di una donna forte e intelligente, capace di voler molto bene senza troppi sentimentalismi, semplice della semplicità della campagna lombarda. Credo che il suo stile abbia lasciato in me una traccia profonda. Poteva essere un personaggio di Ermanno Olmi.   Come è nata la scelta di occuparsi di materie giuridiche?  Quasi «per caso», semmai si possa parlare di caso. La mia non è una famiglia di giuristi, magistrati, notai, avvocati, négli studi liceali mi hanno introdotto a quel mondo. Se c’è qualcosa che mi ha sospinta, un po’ inconsciamente, alla facoltà di giurisprudenza è stato un incontenibile struggimento per la giustizia: non sapevo cosa fosse il diritto, ma desideravo spendermi per la giustizia, o meglio per contrastare l’ingiustizia. Non immaginavo che il mio obiettivo mi avrebbe fatto passare per uno studio che richiede una disciplina rigorosissima, un linguaggio nuovo, una logica argomentativa ferrea, una tecnica codificata, ma anche una cultura umanistica profonda, fatta di storia, di filosofia, di letteratura e di economia.  Che cosa significa essere giudice costituzionale? Che cosa le sta dando questa esperienza a livello umano?  Prima di essere nominata giudice costituzionale ero professore universitario e ho insegnato per anni la giustizia costituzionale, una delle mie passioni di studio da sempre. Il fascino della giustizia costituzionale è dato dal fatto che è quel settore dell’ordinamento in cui il diritto entra in più diretto contatto con la giustizia. Il giudice costituzionale è il giudice delle leggi: è quasi un paradosso. Di solito i giudici applicano, non giudicano, le leggi; ma i totalitarismi hanno mostrato che anche le leggi possono essere ingiuste e allora le corti costituzionali sono proprio lì a svolgere quel compito. Gli studenti italiani conoscono la nostra Costituzione?  Non è facile introdurre i ragazzi alla conoscenza della Costituzione italiana. Mi pare che l’approccio storico sia il più proficuo: dopo aver studiato gli eventi della prima metà del XX secolo, così drammatici, la curiosità dei ragazzi è sufficientemente desta e desiderosa per accostarsi al mondo della Costituzione che, forse altrimenti, non li interesserebbe. Un approccio storico e qualche testimonianza di uomini e donne delle istituzioni penso che costituisca una buona introduzione al testo fondativo della nostra convivenza sociale.