"Così l’Isis ha portato via mia figlia": cellula in Italia, il dolore di Fabienne

Alice è fuggita in Siria: "Convertiti o non sentirai mai più la mia voce" di GABRIELE MORONI

Alice Brignoli (foto Newpress)

Alice Brignoli (foto Newpress)

Bulciago (Lecco), 30 aprile 2016 - Così l'Isis le ha portato via la figlia. «Siamo partiti, non cercarci, non ci vedrai mai più», sono le ultime parole che Fabienne Schirru sente al telefono da sua figlia Alice. Il 6 marzo del 2015 Fabienne Schirru, origini francesi, studio di terapia olistica a Carate Brianza, è nella caserma dei carabinieri di Costa Masnaga. «Da due settimane non ho notizie di mia figlia, di mio genero, dei loro tre bambini. I loro cellulari sono disattivati». Alice Brignoli è nata nel 1977, è impiegata in un’azienda della zona. Nel 2008 ha sposato Mohamed Koraichi – un marocchino di otto anni più giovane e fratello di Wafa, la donna membro della cellula Isis smantellata l’altro giorno – e si è convertita all’Islam. Mohamed e Alice vivono a Bulciago con i tre figli di sei, quattro e due anni. Figlia e genero da un anno condividono il radicalismo estremo, giustificano terrorismo e violenza in difesa della loro religione. «Dalla nascita del primo bambino mi hanno esclusa poco alla volta dalla loro vita, al punto che per andare da loro devo essere autorizzata. Mia figlia – racconta Fabienne – è diventata dipendente in tutto dal marito, non ha più interessi e amicizie. Vive confinata nella famiglia e nella comunità islamica. Indossa il hijab, è pronta a portare il burqa».

Il 5 maggio viene perquisita l’abitazione di Bulciago. Affiorano una bandiera dell’Isis costruita artigianalmente e un’immagine di Abu Bakr Al Baghdadi, il Califfo.Il 4 settembre Fabienne Schirru è negli uffici del comando provinciale dei carabinieri di Lecco. Il giorno prima ha ricevuto una chiamata della figlia da un’utenza sconosciuta. Quello di Alice è un diktat: «Stiamo bene. Non posso dire dove siamo. Sei vuoi mantenere i contatti con noi, ti devi convertire all’Islam. Non tornerò indietro mai più». La Schirru non deve parlare a nessuno della telefonata e deve creare un contatto WhatsApp da usare esclusivamente con lei. Fabienne obbedisce, attiva un’utenza che intesta a un’amica di Mariano Comense e un contatto WhatsApp. 

L’ 8 settembre Fabienne riceve due telefonate della figlia. Alice chiama con un numero tedesco e con un’utenza indonesiana. Capisce che accanto alla madre c’è una presenza (l’amica di Mariano) e le invia alcuni messaggi raccomandandole riservatezza. Nessuna informazione sul luogo dove si trova (è la Siria). «Ho sentito però che parlavi con... per il numero. Mamma, guarda di non parlare di noi con altri, questioni di sicurezza! Con le persone di’ solo che non sai niente».  Le parole della figlia tolgono a Fabienne Schirru ogni residua speranza di un ripensamento, di un possibile ritorno e aprono uno squarcio sulla portata internazionale del proselitismo dell’Isis: «Siamo contenti nonostante la situazione, per noi è importante essere qui. Possiamo vivere veramente l’Islam e quindi esprimerci liberamente. Questa è la vera libertà, non l’illusione in cui vivevamo. Qui ho tante sorelle con cui stare. Sorelle venute da tutto il mondo, francesi, inglesi, tedesche, indonesiane, olandesi, siamo molto unite».